Vaccini Covid, la terza dose sarà necessaria? Cosa sappiamo

Sembra sempre più probabile che nei prossimi mesi prenderà il via la somministrazione della terza dose del vaccino contro il coronavirus Sars-CoV-2. Mentre nel Regno Unito è già arrivato il via libera del governo e del servizio sanitario nazionale (Nhs), in Italia la struttura commissariale si sta tenendo pronta per dare il via al richiamo qualora dovesse rivelarsi necessario. Negli scorsi giorni, Andrea Costa, il sottosegretario alla Salute, ha fatto chiarezza sulla situazione. “Per la terza dose di vaccino anti-Covid ci vorrà probabilmente un anno” dal primo ciclo, ha spiegato. “Abbiamo iniziato a vaccinare a fine dicembre 2020, quindi le terze dosi potrebbero essere somministrate a fine dicembre”, ha aggiunto.

Nel frattempo, Pfizer e BioNTech hanno reso noto che nelle prossime settimane chiederanno alle autorità regolatorie l’autorizzazione per al terza dose del vaccino anti-Covid. Le aziende hanno preso questa decisione dopo aver esaminato i dati iniziali di una sperimentazione clinica, dai quali emerge che la somministrazione del richiamo incrementa il livello degli anticorpi da 5 a 10 volte contro il ceppo originario e la variante Beta rispetto alle prime due dosi.

La somministrazione della terza dose nel Regno Unito

Come accennato, nel Regno Unito vari esperti, tra cui quelli del Joint Committee on Vaccination and Immunisation, incoraggiano a sottoporsi alla terza dose. Il richiamo sarà garantito a tutti gli ultracinquantenni residenti nel Paese e alle persone più giovani a cui in passato sia stata prescritta la vaccinazione anti-influenzale. Se tutto andrà come previsto, la campagna terminerà entro l’inizio dell’inverno.

Gli studi condotti finora sulla terza dose

Uno degli studi più prestigiosi sulla terza dose del vaccino anti-Covid si chiama COV-Boost, è condotto dallo University Hospital Southampton NHS Foundation Trust e può contare sul supporto di vari siti di sperimentazione distribuiti in tutto il Regno Unito. L’obiettivo della ricerca è capire quale tipo di vaccino, tra i sette presi in esame, sia il più efficace come richiamo. Naturalmente la tipologia può variare in base al vaccino ricevuto durante le prime due somministrazioni.

La necessità della terza dose, come spiegano gli scienziati, va ricercata nella circolazione di varianti del virus che potrebbero rendere meno efficacie la risposta immunitaria finora ottenuta. Inoltre, non è stato ancora possibile determinare la durata precisa della protezione fornita dalle prime due dosi.

Il caso dei vaccini a mRna

Nel caso dei vaccini a mRna, come quelli di Pfizer e Moderna, la necessità di una terza dose potrebbe essere meno impellente. Secondo uno studio svolto dai ricercatori della Washington University of Medicine di St. Louis, infatti, i sieri in questione attivano dei meccanismi di copertura durevoli e sono in grado di offrire una copertura migliore nei confronti delle varianti. Tale conclusione è però diversa da quella raggiunta dalle analisi condotte dal ministero della Sanità di Israele. Queste indicano come la protezione fornita dal vaccino di Pfizer sia scesa dal 94,3% (a maggio) al 64% (a giugno) per via della maggiore circolazione della variante Delta. Per avere un quadro più chiaro della situazione potrebbe essere necessario attendere gli esiti di ulteriori studi sul tema.

La ricerca su AstraZeneca

Nel caso di AstraZeneca, uno studio dell’Università di Oxford indica che una terza dose del vaccino, somministrata almeno sei mesi dopo la seconda, è in grado di aumentare di sei volte il livello degli anticorpi presenti nell’organismo e mantenere la risposta delle cellule T. Di conseguenza, la protezione nei confronti delle varianti del virus diventa maggiore. Inoltre, sia la seconda che la terza dose causano reazioni avverse minori rispetto alla prima.

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