Tamponi rapidi, consigli pratici per ridurre gli errori e aumentarne l’efficacia

Pratici, nonostante le code per effettuarli, e (più o meno) economici, i tamponi antigenici rapidi restano di gran lunga il primo strumento, per utilizzo complessivo, del tracciamento dei contagi da Covid-19. Nelle ultime settimane, soprattutto con l’avvento della variante Omicron, sono però emersi diversi dubbi sull’efficacia di questo tipo di tamponi. Ci sono, ad esempio, quelli legati alle tempistiche, oppure quelli, sempre più forti, sulla percentuale di efficacia, inferiore a quella del più costoso tampone molecolare. Ci sono però degli accorgimenti da prendere per ridurre il più possibile il margine di errore: vediamo insieme quali sono.

Tamponi rapidi, quando farli per non sbagliare

Il tampone rapido, come quello molecolare, va eseguito, banalmente, nel più breve tempo possibile in presenza di sintomi riconducibili al Covid. Oppure trascorsi pochissimi giorni dopo l’ultimo contatto con un soggetto rivelatosi poi positivo. In questo senso, bisognerebbe sottoporsi a tampone molecolare minimo dopo 48 ore dal contatto. Quello rapido, che invece rileva solo dopo 72 ore la presenza del virus, va fatto per l’appunto dopo tre giorni dall’ultimo incontro con la persona positiva.

L’ideale, per ridurre il rischio di “falsi negativi”, sarebbe effettuare i test in sequenza. Un modus operandi suggerito anche dalle diverse caratteristiche di Omicron, che ha un periodo di incubazione più breve rispetto alle varianti isolate in precedenza. La cadenza che gli esperti consigliano è di un test ogni 24-36 ore. Eventualità da considerare nell’impossibilità di effettuare un test molecolare che, invece, toglierebbe immediatamente ogni dubbio. Perché ha, dalla sua, il vantaggio di avere margine d’errore ridottissimo.

Omicron: e se fosse meglio il test salivare?

Proprio parlando di Omicron, attenzione a dare per scontata l’affidabilità dei tamponi via naso. La FDA, l’autorità statunitense che monitora e regolamente i prodotti alimentari e farmaceutici, ha parlato di sensibilità ridotta alla nuova variante” da parte dei test antigenici. In Sudafrica, uno studio in attesa di revisione definitiva, citato dal Corriere della Sera, suggerisce di aver individuato più infezioni da Omicron con i test della saliva che con i tamponi nasali.

Le autorità sanitarie, in ogni caso, suggeriscono di affidare la raccolta dei campioni da analizzare tramite tampone rapido a personale specializzato. Il test fai-da-te (che, è bene ricordare, non concorre alla registrazione formale dei nuovi contagi) può presentare lacune proprio perché la persona che lo effettua potrebbe non aver raccolto materiale a sufficienza attraverso il tampone. E potrebbe dunque dare l’illusione della negatività al test.

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