SALUTE

Pericardite e vaccini anti-Covid, cosa dicono i dati Ema e Aifa

Le parole della pallavolista Francesca “Cisky” Marcon che ha accusato il vaccino anti-Covid per una pericardite che l’ha colpita hanno fatto il giro del web e sono state riprese da numerosi quotidiani online. “Ho avuto e ho tuttora una pericardite post vaccino, chi paga il prezzo di tutto questo?”, si lamenta la pallavolista. La pericardite è un’infiammazione del pericardio, che causa dolore toracico.

Non esiste una forma di ‘risarcimento’ per chi subisce danni a livello di salute dopo aver fatto il vaccino? Premetto che non sono no vax, ma di fare questo vaccino non sono mai stata convinta e ne ho avuto la conferma”, scrive la Marcon. Parole dure, vista l’importanza della campagna vaccinale nella lotta al Covid. Ecco quello che sappiamo finora su vaccinazioni e pericardite.

Pericardite e vaccini

In effetti, come si legge dal sito dell’Aifa, “dopo la vaccinazione con i Vaccini mRNA anti Covid-19 Comirnaty (Pfizer ndr) e Spikevax (Moderna ndr) sono stati osservati casi molto rari di miocardite e pericardite”. Anche il Comitato per la valutazione dei rischi in farmacovigilanza dell’Ema ha valutato tutti i dati disponibili e ha concluso che una correlazione causale tra i vaccini a mRNA anti-Covid-19 e miocardite e pericardite sia almeno “una ragionevole possibilità”.

Tuttavia, sebbene ci sia questa probabile correlazione, si tratta, ancora una volta di eventi rari, come spiega l’Ema. “Fino al 31 maggio 2021, nello Spazio Economico Europeo, si sono verificati 145 casi di miocardite tra i soggetti che hanno ricevuto Comirnaty e 19 casi tra i soggetti che hanno ricevuto Spikevax. Inoltre, si sono verificati 138 casi di pericardite a seguito dell’uso di Comirnaty e 19 casi a seguito dell’uso di Spikevax”. Il tutto su circa 177 milioni di dosi di Comirnaty e 20 milioni di dosi di Spikevax somministrate fino a quella data. Per questo le autorità di regolamentazione ritengono che i benefici siano superiori ai rischi, sebbene alcuni medici sostengano che questo non sia vero, ad esempio, nel caso dei vaccini ai bambini.

I casi – precisa invece l’Aifa – si sono verificati principalmente nei 14 giorni successivi alla vaccinazione, più spesso dopo la seconda dose e nei giovani di sesso maschile”. Per questo, spiega l’Aifa, gli operatori sanitari devono prestare attenzione ai segni e ai sintomi di miocardite e pericardite. In particolare, “sintomi indicativi quali dolore toracico, respiro affannoso o palpitazioni”. In ogni caso, specifica l’Agenzia del farmaco, il decorso della miocardite e pericardite dopo la vaccinazione non è diverso da quello della miocardite o della pericardite in generale.

Cosa è la pericardite

Il pericardio è la struttura che riveste e protegge il cuore ed è formato da due membrane separate da un sottile strato di liquido. Se il pericardio va incontro a infiammazione si parla di pericardite. In sua presenza, le membrane si infiammano e può aversi un aumento di liquido, che in alcuni casi può comprimere il cuore.

Nella maggior parte dei casi, la pericardite è dovuta a un’infezione virale. Più raramente è causata da batteri o altri patogeni. Alla sua origine possono aversi anche altre malattie come tumori, insufficienza renale, infarto o patologie autoimmuni. Un dolore diverso da quello dell’infarto e tende a cambiare, per esempio, con la respirazione e a peggiorare se si è sdraiati o chi tossice. La pericardite è più frequente tra gli uomini di 20-50 anni.

La terapia e i rischi per la salute

Per prima cosa, la maggior parte delle persone guarisce nell’arco di poche settimane-mesi. A volte i sintomi si ripresentano (pericardite ricorrente). In alcuni casi non si arriva mai a guarigione completa (pericardite cronica).

La terapia della pericardite dipende dalla causa da cui ha origine. Se la causa è batterica o fungina, verranno somministrati antibiotici o antimicotici, farmaci antidolorifici e antinfiammatori (ad esempio ibuprofene). Se la pericardite non si risolve entro una, due settimane o è recidiva, può essere prescritta colchicina (un potente farmaco antifiammatorio) per lunghi periodi di tempo. Ad alcuni pazienti possono essere prescritti cortisonici e diuretici. 

Quando la quantità di versamento è importante e mette a rischio il cuore (tamponamento cardiaco), si ricorrere al drenaggio del fluido. Se invece l’accumulo di liquido avviene lentamente, la situazione è molto meno drammatica della precedente.

Redazione

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