Il sistema sanitario della Lombardia torna a far discutere, e questa volta a metterlo nel mirino è una voce estremamente autorevole. Si tratta infatti di quella di Silvio Garattini, fondatore dell’istituto Mario Negri.
Lo scienziato e farmacologo, oggi 92enne, è particolarmente critico sia verso le modalità con cui si è tentato di contrastare l’emergenza Coronavirus che rispetto alle modalità di comunicazione del mondo della sanità in questi mesi terribili. “In piena crisi da pandemia avremmo bisogno di poterci fidare della politica e della scienza“, afferma infatti in un’intervista al ‘Corriere della Sera’. E la sua critica non va solo alla Lombardia: “Ognuno dice la sua. I messaggi della politica sono contradditori e della scienza si parla come del calcio al bar. In questo modo si genera solo sfiducia“.
Ma è in particolare sulla zona in cui si concentra il suo lavoro che Garattini è particolarmente severo: “Sono profondamente deluso. La Lombardia dovrebbe essere la punta di diamante del Paese, il riferimento nazionale. Invece qui è mancata la capacità di dare una linea, i medici sono stati lasciati troppo soli nelle rispettive trincee. E certi ritardi non si spiegano“.
Il discorso però si estende dal caso singolo della Lombardia. Lo stesso sistema, secondo Garattini, ha fatto in modo da creare un gap nel settore: “Oggi c’è grande sfiducia tra medico di base e ospedalieri, mentre tutti dovrebbero far parte dello stesso servizio sanitario nazionale. Qual è la ragione per cui esiste una categoria distaccata di professionisti? Se c’è resistenza tra i diretti interessati si cominci con i giovani, assumendoli nello stesso comparto sanitario dei medici ospedalieri“.
In Lombardia e non solo si registra anche un preoccupante fenomeno legato al negazionismo. “Il margine di chi dichiara di non volersi vaccinare è ancora troppo alto – sottolinea Garattini –. La diffidenza viene alimentata dalla scarsa trasparenza. Il Covid ci ha dato un avvertimento. È arrivato il momento di uscire dal dualismo tra salute ed economia: è vero che se non c’è lavoro si muore di fame, ma è altrettanto vero che se ci si ammala non si lavora. La salute deve diventare un bene fondamentale in Italia, non deve essere importante solo quando si sta male“.
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