Leucemia mielomonocitica cronica, cos’è e come si cura

La leucemia mielomonocitica cronica (LMC) è una malattia che si sviluppa nel midollo osseo. Il termine “cronica” indica che la malattia ha una progressione lenta nel tempo e può rimanere asintomatica anche per anni nella fase iniziale.

Secondo quanto riportato dall’AIL, “la LMC è la più frequente delle sindromi mielodisplastico-mieloproliferative. È una malattia caratterizzata dall’aumento di una specifica popolazione di globuli bianchi: i monociti”.

Incidenza

La leucemia mielomonocitica cronica rappresenta circa il 15% dei casi di leucemia e si stima che colpisca ogni anno in Italia circa 1.150 persone, i maschi più spesso delle femmine. Il tasso di incidenza stimato è di 1-2 casi all’anno ogni 100.000 persone. È una malattia che colpisce soprattutto in età avanzata come dimostra il fatto che meno del 30 per cento dei casi viene diagnosticato prima dei 60 anni.

La Leucemia mielomonocitica cronica può essere in due forme: quella displastica, in cui prevalgono anemia e neutropenia, o quella proliferativa, con un numero elevato di globuli bianchi. In ogni caso si presentano monociti nel sangue e nel midollo in eccesso e un numero, che varia a seconda dei casi, di blasti, ovvero cellule immature. Il numero di blasti, come quello di globuli bianchi, sono tra gli elementi che concorrono a dare una prognosi.

Fattori di rischio

Non si conoscono molti fattori di rischio per la LMC. L’esposizione ad alte dosi di radiazioni è l’unico fattore ambientale noto, mentre non sono stati dimostrati legami tra la malattia e comportamenti legati allo stile di vita come il fumo o l’alimentazione.

In molti casi le persone colpite da LMC non presentano sintomi al momento della diagnosi che spesso avviene per caso, per esempio durante un controllo generale. Inoltre, anche se presenti, i sintomi sono spesso poco specifici e comuni a molte altre malattie: debolezza, febbre, sudorazione notturna, perdita di peso, dolore al ventre o alle ossa.

Prevenzione

Non è possibile definire strategie di prevenzione efficaci per la LMC dal momento che non sono stati identificati fattori di rischio modificabili sui quali intervenire. L’unica raccomandazione utile è evitare, laddove possibile, l’esposizione ad alte dosi di radiazioni.

Diagnosi

Per una corretta diagnosi è importante rivolgersi al medico di base o allo specialista che dopo un attento esame obiettivo con valutazione dei segni e dei sintomi della malattia, potrà prescrivere gli esami adeguati.  In caso di sospetto, sarà inizialmente prescritto un esame del sangue: da un semplice prelievo è infatti possibile osservare il numero e la forma di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Se da questo primo esame emergono anomalie si procede con un secondo esame del sangue di conferma o con un prelievo del midollo. Sui campioni prelevati vengono effettuati test più accurati anche di tipo citogenetico e molecolare per avere la conferma definitiva della malattia.

Evoluzione

L’evoluzione della LMC non viene suddivisa in stadi, come avviene per i tumori solidi, ma in tre fasi con una classificazione che si basa soprattutto sul numero di cellule immature (blasti) presenti nel sangue e nel midollo osseo. La classificazione più usata è quella dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e prevede:

  • Fase cronica. La percentuale di blasti è inferiore al 10 per cento, i sintomi sono assenti o molto lievi e, in genere, c’è una buona risposta alle terapie. Questa fase può durare mesi o anche anni.
  • Fase accelerata. Si verifica in presenza di uno di questi criteri: la percentuale di blasti è tra il 10 e il 20 per cento, c’è un alto numero di globuli bianchi basofili (fino al 20 per cento), c’è un alto numero di globuli bianchi che non diminuiscono con il trattamento, il numero di piastrine molto alto o molto basso, oppure si riscontrano nuove modificazioni nei cromosomi nelle cellule tumorali (oltre al cromosoma Philadelphia). In questa fase la risposta al trattamento è meno buona.
  • Fase blastica (o fase acuta o crisi blastica). la percentuale di blasti è superiore al 20 per cento. In questa fase la malattia si diffonde oltre il midollo e si comporta in modo più aggressivo, come accade per la leucemia acuta.

Come si cura

Come scrive l’Ail, il trapianto allogenico di cellule staminali è l’unico trattamento con potenzialità curative, ma in molti casi – in considerazione dell’elevata età della maggioranza dei pazienti – è di difficile attuazione. Viene comunque raccomandato nei casi ad alto rischio.

 

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