Una revisione di alcuni ricercatori cinesi dell’Università di Changchun diretti da Xuefeng Sun, recentemente pubblicata su Brain & Behaviour, ha esaminato 29 studi tramite i database PubMed, Cochrane Library, Web of Science, Embase e CINAHL per verificare quanto e se la cosiddetta “humor therapy” abbia effetto su chi soffre di depressione e ansia, ovvero, se una barzelletta o uno scherzo riescono a far ridere anche chi è depresso. La ricerca ha prodotto risultati estremamente interessanti, vediamoli insieme.
Durante lo studio sopracitato sono stati valutati quasi 3mila soggetti provenienti da studi di Australia, Cina, Germania, Iran, Israele, Italia, Sud-Corea, Turchia e USA. Si trattava di minori sottoposti a interventi chirurgici con anestesia, anziani delle RSA, pazienti affetti da Parkinson, tumori, malattie mentali, dializzati, mentre come controlli sono stati usati studenti e donne sane in pensione.
I principali tipi di humor adottati negli studi erano il laughter terapy/yoga e la clown therapy. La prima è una terapia in cui il soggetto mima una risata avvalendosi di esercizi di respirazione yoga studiati per essere simili a quelli che si attivano quando ridiamo e che, apportando più ossigeno al cervello, danno una sensazione di maggior energia e serenità. La clownterapia, detta anche terapia del sorriso, la quale è stata resa famosa da Robin Williams con il film Patch Adams, è praticata da medici, infermieri o personale volontario, i quali usano tecniche e abbigliamenti da clown con l’obiettivo di migliorare l’umore, tramite scherzi e giochi, dei pazienti ricoverati, soprattutto minori, e dei loro familiari.
I risultati hanno dimostrato come la humor therapy abbia grande efficacia e possibilità di sviluppo nel trattamento di forme lievi di ansia e depressione, ma ha mostrato anche i suoi limiti nei casi gravi, ambiti in cui ha ancora necessità di essere approfondita. Ha un significativo impatto sulla percezione, l’atteggiamento, il giudizio e sull’umore, che a loro volta influenzano il benessere fisico e mentale. Anche se la maggior parte degli studi ne confermano i benefici, pare però che il periodo di intervento possa essere stato finora troppo breve per ottenere appieno gli effetti positivi che può indurre. Uno dei principali problemi all’implementazione di questa terapia è l’atteggiamento del personale medico e paramedico che a volte la percepiscono come un disturbo nel loro lavoro di routine. Nonostante questo, sta crescendo la convinzione che la terapia dell’umorismo sia in grado di alleviare il dolore, ridurre gli effetti negativi del trattamento e avere un impatto positivo sul recupero complessivo del paziente. Resta ancora da verificare se potrà avere un’applicazione anche nelle forme gravi come la depressione maggiore o la vecchia distimia oggi chiamata depressione persistente.
Questa forma di depressione, che in italiano viene tradotta in depressione sorridente, è una forma, non inserita come tale nel DSM, ma decritta solo come depressione atipica dove il soggetto presenta pensieri depressivi come inutilità, disperazione e tristezza, ma è capace di nasconderli dietro un aspetto esteriore felice. A differenza del paziente distimico, il quale presenta un perenne aspetto triste e non prova mai gioia, chi ha questa depressione può vivere piccoli momenti di felicità quando gli capitano cose belle, ma se si trova in un episodio depressivo questa felicità dura poco. Nel frattempo, la maggior parte delle volte, presenta un sorriso, indipendentemente da ciò che sta attraversando dentro ed è difficile accorgersi di questa sua condizione.
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