Dall’inizio della pandemia di Covid-19 sono stati identificati vari farmaci utili per il trattamento dell’infezione causata dal coronavirus Sars-CoV-2. Remdesivir, per esempio, ha ricevuto il via libera dell’Aifa e può essere utilizzato per trattare i pazienti che non si trovano in ossigeno-terapia. Più di recente, è arrivato anche in Italia molnupiravir, il farmaco contro il Covid-19 creato da Merck. Presto anche Paxlovid, la pillola anti-Covid di Pfizer, si aggiungerà alle “armi” contro il coronavirus a disposizione degli italiani. Oltre a questi farmaci, la cui utilità contro il Covid è ben documentata, si è diffusa l’erronea convinzione che altri medicinali possano offrire un valido aiuto a chi è malato di Covid.
Il caso dell’ivermectina
Tra i farmaci più gettonati da chi è contrario al vaccino anti-Covid c’è l’ivermectina, un farmaco antiparassitario comunemente usato per il trattamento degli animali. In alcuni casi può essere utile anche all’uomo, ma non quando ha a che fare con l’infezione causata da Sars-CoV-2. Secondo uno studio italiano, coordinato dall’IRCCS “Sacro Cuore Don Calabria” di Negrar di Valpolicella, il farmaco è inefficace contro il virus anche se somministrato a un dosaggio triplo rispetto a quello standard. I ricercatori hanno condotto la sperimentazione su 93 pazienti positivi a Sars-CoV-2 asintomatici o con sintomi lievi. I risultati indicano che l’ivermectina, pur non causando reazioni avverse, non apporta alcun beneficio.
Lo Zitromax e gli altri farmaci a base di azitromicina
Nelle ultime settimane, nelle farmacie si è verificata una preoccupante carenza di Zitromax e di altri farmaci a base di azitromicina. Si tratta di antibiotici adatti al trattamento delle infezioni batteriche, ma che non hanno alcuna utilità nella cura del Covid-19. Questi farmaci, infatti, sono utilizzati (in casi molto specifici) per trattare le eventuali conseguenze di un’infezione virale e non agiscono direttamente contro il virus che l’ha causata. Assumerli a scopo preventivo non è solo inutile, ma anche controproducente: può rendere ancora più grave il già delicato problema dei batteri farmacoresistenti.
Di fronte al massiccio utilizzo di questi medicinali, Aifa ha invitato i medici a non consigliarli a chi vuole usarli per il trattamento del Covid-19. “Esistono evidenze chiare e inequivocabili per non utilizzare più in alcun modo azitromicina e altri antibiotici nel trattamento del Covid-19, come chiaramente indicato da tutte le linee guida per il trattamento dell’infezione da Sars-CoV-2. Si ricorda altresì che gli antibiotici non sono efficaci per il trattamento di nessuna infezione virale, inclusa l’influenza stagionale”.
L’idrossiclorochina non è efficace contro il Covid-19
L’idrossiclorochina è stato uno dei farmaci più ha diviso la comunità scientifica durante il primo anno di pandemia. L’iniziale entusiasmo nei confronti dell’antimalarico si è spento in seguito alla pubblicazione di vari articoli che hanno dimostrato la sua inefficacia nel trattamento del Covid-19. In particolare, uno studio pubblicato su Nature ha dimostrato che il medicinale non agisce sulle cellule polmonari. Sul proprio sito ufficiale, il ministero della Salute invita a “non utilizzare idrossiclorochina, la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti”.
Neppure il plasma dei soggetti guariti funziona contro il Covid-19
Oltre all’idrossiclorochina, nei primi mesi della pandemia anche il plasma dei soggetti guariti aveva alimentato delle false speranze. Purtroppo la cura si è rivelata del tutto inefficace, come dimostrato da varie ricerche. Secondo uno studio pubblicato sul sito della Società italiana di farmacologia (Sif), il plasma dei guariti “non previene la progressione della malattia verso una severa insufficienza respiratoria o la morte”. I ricercatori della Sif hanno spiegato che questo risultato è in linea con quello di altri studi clinici condotti sullo stesso approccio terapeutico.