Una delle possibili conseguenze del Long Covid è l’incremento del rischio di andare incontro a un infarto miocardico. Si tratta della necrosi del muscolo cardiaco dovuta all’ostruzione di una delle coronarie, le arterie deputate alla sua irrorazione. Può manifestarsi a riposo, durante uno sforzo intenso o in seguito ad esso. Quando si verifica, il paziente dev’essere portato con urgenza in un ospedale dotato di tutta la strumentazione necessaria per il trattamento della malattia. Il rischio di mortalità è elevato.
I sintomi più tipici dell’infarto miocardico sono il dolore al petto, la sudorazione fredda diffusa, la nausea, il vomito e una generale sensazione di malessere profondo. Il dolore può estendersi anche al collo e alla gola, alla mandibola, allo stomaco, alla parte della colonna vertebrale posta fra le due scapole e agli arti superiori (il dolore al braccio sinistro è più frequente). I sintomi possono variare da un paziente all’altro, soprattutto per quanto concerne l’intensità. In alcune occasioni il dolore al petto può manifestarsi per una durata massima mezz’ora: in questo caso si ha a che fare con l’angina pectoris, una condizione di ischemia non abbastanza prolungata da causare necrosi. L’infarto miocardico non dev’essere confuso con l’arresto cardiaco. Può esserne una delle cause, ma ciò non è vero in tutti in casi. L’arresto cardiaco, infatti, può verificarsi anche in assenza di un infarto.
Quando si trova in fase acuta, l’infarto miocardico può comportare alcune complicanze. Può verificarsi l’ischemia di altri organi, a causa della scarsa capacità del cuore di pompare il sangue in tutto l’organismo. Un’altra possibile conseguenza è rappresentata dalle aritmie, alcune delle quali potenzialmente fatali. Il paziente, inoltre, può entrare in stato di shock, caratterizzato da tachicardia, bassa pressione arteriosa, estremità fredde e umide (a causa dell’estensione della necrosi).
Per trattare un infarto miocardico, i medici devono innanzitutto promuovere la riapertura della coronaria che si è chiusa. L’arteria in questione viene disostruita tramite l’introduzione di un catetere dotato di palloncino gonfiabile all’estremità. In seguito viene introdotto uno stent (un tubicino a rete metallica), che contribuisce a tenere aperto il vaso sanguigno. Quando non è possibile praticare l’angioplastica coronarica, i medici possono somministrare dei farmaci capaci di dissolvere il trombo. Non sono tuttavia utilizzabili per tutti i pazienti, in quanto possono provocare delle gravi emorragie. Un altro possibile trattamento è il bypass coronarico. Questo intervento consiste nel creare chirurgicamente un canale di comunicazione tra l’aorta e la coronaria ristretta o ostruita, tramite l’utilizzo di altre arterie o vene. Si tratta di un approccio che viene usato solo in casi di assoluta necessità.
Il modo migliore per ridurre le probabilità di andare incontro a un infarto miocardico è condurre una vita sana e curare la propria alimentazione. Chi è in sovrappeso deve cercare di perdere i chili di troppo e raggiungere il suo indice di massa corporea (BMI) ideale. Anche smettere di fumare aiuta a prevenire i problemi cardiovascolari. Per il resto, è altamente consigliabile svolgere attività fisica regolarmente, evitare i cibi grassi e limitare il più possibile le fonti di stress (soprattutto quelle che tendono a protrarsi nel tempo).
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