Seppur in secondo piano nelle priorità dell’opinione pubblica, la pandemia di Covid-19 non è finita. Per questo è bene mantenere ancora alto il livello di attenzione nei confronti del virus valutando con cautela gli effetti delle imminenti riaperture. Rimane poi centrale il tema della vaccinazione, con gli esperti divisi sull’utilità di una nuova somministrazione.
Proprio oggi il colosso farmaceutico Moderna ha chiesto alla Fda americana di autorizzare la quarta dose del suo vaccino per tutti gli adulti. In precedenza era stata Pfizer ad avanzare una richiesta per gli over 65, salvo poi indirizzarsi verso una platea più ampia, come certificano le parole del Ceo Albert Bourla, secondo cui la quarta dose per tutti è “necessaria”. Ma è davvero così? Newsby lo ha chiesto al professor Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi di Milano.
Professor Pregliasco, la quarta dose servirà a tutti?
“Salvo che per gli iperfragili, non abbiamo riscontri scientifici sull’utilità della quarta dose per tutti. Nel caso di coloro che hanno un sistema immunitario con un’efficacia ridotta il booster serve invece come rinforzo. Gli studi condotti in Israele sulla quarta dose anticipata a quattro mesi negli anziani non hanno dato grandi risultati in termini di copertura. Quindi non credo valga la pena, sia per i costi sia per la quantità di persone coinvolte, organizzare della campagne in tal senso nell’immediato. Presumo piuttosto che le aziende stiano conducendo degli studi in cui si prospetta una vaccinazione simile a quella dell’influenza, con richiami periodici annuali raccomandati soprattutto ai soggetti più fragili”.
Oltre ai no-vax, c’è anche rifiuta altri richiami perché convinto che possano indebolire le difese immunitarie nei confronti di altre malattie. È così?
“Assolutamente no. Le nuove somministrazioni non causano un esaurimento della risposta immune e il booster non fidelizza alla vaccinazione. Questo è il risultato documentato dall’esperienza che abbiamo sulla sicurezza e sulla fattibilità dei vaccini antinfluenzali. Lo stesso discorso vale anche per le altre malattie, non c’entrano nulla”.
Qualcuno ancora è scettico per via delle reazioni avverse.
“L’ultimo report dell’Aifa dovrebbe tranquillizzare in questo senso. Perché all’inizio c’era un’attenzione particolare verso ogni aspetto post vaccinazione, mentre ora le segnalazioni si sono stabilizzate su valori decisamente più realistici”.
Com’è la situazione epidemiologica in Italia?
“Devo ammettere che Omicron 2 un po’ ci ha spiazzato. Sembrava che quest’ultima ondata fosse in discesa repentina. O almeno, era così fino a 15 giorni fa. Poi c’è stato un nuovo incremento dei contagi e delle reinfezioni. Circa il 5% dei casi giornalieri sono di reinfettati, perché Omicron è molto più contagiosa della variante Delta. Capita nei giovani non vaccinati che durante le feste di fine anno hanno contratto la Omicron base e ora questa nuova sottovariante, ma anche nei bambini della fascia 5-11 anni, ovvero quelli con minor copertura vaccinale”.
La Cina mette in quarantena milioni di persone per poche migliaia di casi, mentre noi pensiamo già alle riaperture. Cosa ne pensa?
“I lockdown che vediamo in Cina qui non ce li possiamo permettere. Poi ritengo che l’opzione zero (contagi, ndr) sia difficile da mantenere in un mondo così permeabile. L’Italia ha adottato un approccio prudente, con limitazioni parziali volte a mitigare la diffusione del virus facendo attenzione anche all’aspetto psicologico ed economico. Ritengo che si tratti di una strategia giusta, con riaperture progressive e una regolamentazione finalizzata ad evitare un incremento dei casi. Piuttosto, secondo me il problema è l’assenza di una gestione unitaria a livello europeo, ad esempio sull’uso del green pass. Ogni Stato ha le sue regole, si tratta sempre di scelte politiche”.
Professor Pregliasco, la popolazione ucraina è fra quelle con il minor tasso di vaccinazione in Europa. Quale strategia suggerisce per la gestione dell’accoglienza dal punto di vista sanitario? E per chi si è vaccinato con Sputnik?
“In effetti sarà complicato. Molto dipenderà da quanti ne arriveranno, perché parliamo di milioni di persone che, nei bunker, di certo non hanno come priorità quella di indossare la mascherina. Secondo me servirà ‘sfruttare’ quella parte della popolazione ucraina già presente in Italia di modo che si faccia promotrice della vaccinazione verso chi arriva. Quanto alla scelta dei vaccini dovremo basarci sulla documentazione disponibile e valutare caso per caso”.
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