Le difficoltà incontrate dal Servizio Sanitario Nazionale nel fornire efficacemente cure domiciliari è stato uno degli argomenti centrali durante la pandemia di Covid-19. Certo, non si è trattato di una scelta deliberata del governo per favorire Big Pharma, come sostengono siti complottisti. Anche perché le linee guida del governo per il trattamento domiciliare del Covid ci sono e vengono applicate.
E non è vero che con le sole cure domiciliari sarebbe stato possibile evitare le ospedalizzazioni, poiché è noto ai medici che il Covid-19 in alcuni soggetti subisce un notevole peggioramento dopo circa una settimana e a quel punto l’unica soluzione è il ricovero.
Il servizio delle cure domiciliari troppo debole
Tuttavia, su questo gli esperti sono concordi, soprattutto in Lombardia, in particolare durante la prima ondata, si è fatto un eccessivo ricorso alle ospedalizzazioni. E questo ha portato principalmente due problemi. Prima di tutto il virus ha cominciato a circolare più rapidamente nei pronto soccorso, tra i pazienti e i medici. Inoltre, gli ospedali si sono rapidamente saturati ed è stato più complicato garantire le cure a tutti i cittadini quando la pandemia è esplosa.
E questo è accaduto per una semplice ragione. In Lombardia in particolare, ma in generale in tutta Italia, il servizio delle cure domiciliari è debole. Non c’era modo di intervenire sul territorio e perciò si è ricorso agli ospedali. Un limite che il governo ha individuato e che ha intenzione di correggere, anche grazie all’aiuto del Recovery Plan.
Speranza: “Con Recovery 4 miliardi per le cure domiciliari”
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato che Regioni e Stato hanno trovato l’accordo per uniformare e potenziare il livello dell’assistenza a casa. “Con l’intesa tra Stato e Regioni sulle cure domiciliari si compie un passo fondamentale per costruire la sanità di domani. Con il Pnrr investiamo 4 miliardi di euro nelle cure domiciliari, per portare l’assistenza pubblica e le cure più appropriate in casa dei pazienti”, ha annunciato il ministro.
In base all’accordo, le convenzioni con gli “enti erogatori” dovranno essere assegnate rispettando requisiti di qualità uguali in tutto il Paese. Oggi invece esistono profonde differenze tra i territori proprio perché ogni Regione si regola senza una guida comune. Così, ad esempio, Veneto ed Emilia Romagna, durante la pandemia di Covid sono riuscite a rispondere più efficacemente con il servizio delle cure domiciliari rispetto alla Lombardia.
“Il nuovo sistema di autorizzazione e accreditamento approvato fissa requisiti elevati ed omogenei per tutti i soggetti che erogano tali servizi e garantirà cure con standard avanzati e della medesima qualità su tutto il territorio nazionale”, assicura Speranza.
I vantaggi per i pazienti e per il SSN
Gli enti erogatori vanno dalle piccole cooperative, i cui team si limitano a fare medicazioni, a nuclei di cura capaci di prendere in carico il paziente nel vero senso della parola e prevenire ricovero in ospedale. Potenziare le cure domiciliari, al di là del Covid-19, vuol dire essere più vicini ai cittadini. Senza contare i miglioramenti nella qualità della vita del paziente e dei familiari, che non sono costretti a recarsi costantemente negli ospedali.
I pazienti non saranno gli unici ad avere dei vantaggi. Il Servizio Sanitario Nazionale, infatti, potrebbe risparmiare molti soldi pubblici con la riforma. Le spese sostenute per un posto letto in ospedale si aggirano intorno ai 600 euro al giorno, mentre per le cure domiciliari bastano circa 60 euro.
Per finanziare la riforma, nel Recovery sono previsti, oltre ai 4 miliardi destinati a migliorare la fornitura di cure domiciliari, altri 4 per potenziare i servizi di telemedicina per monitorare i pazienti a distanza grazie all’ausilio della tecnologia.