Covid, il vaccino di Moderna “proteggerebbe fino a due anni”

Il vaccino messo a punto da Moderna dovrebbe fornire una protezione contro il coronavirus Sars-CoV-2 della durata di due anni. Lo ha dichiarato Stéphane Bancel, l’amministratore delegato dell’azienda farmaceutica statunitense, precisando tuttavia che saranno necessari altri dati per effettuare una valutazione definitiva della sua durata. Stando a quanto riportato da Reuters, il Ceo ha affermato che “lo scenario da incubo descritto dai media sul rischio che i vaccini durassero solo un mese è escluso”. “Il decadimento degli anticorpi generati dal vaccino ha un andamento molto lento e quindi riteniamo che la protezione possa durare un paio d’anni”, ha aggiunto Bancel.

Il via libera dell’Ema al vaccino di Moderna

Ieri, mercoledì 6 gennaio, il vaccino di Moderna ha ricevuto il via libera dell’Agenzia europea del farmaco (Ema). “L’Ema ha raccomandato la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata per il vaccino anti Covid-19 di Moderna per prevenire la malattia nelle persone a partire dai 18 anni di età. Questo è il secondo vaccino Covid-19 che l’Ema ha raccomandato per l’autorizzazione”, ha comunicato l’agenzia tramite una nota. Già dalla prossima settimana si prevede l’arrivo in Italia delle prime dosi del vaccino di Moderna. Saranno i militari a occuparsi della loro distribuzione. Nel corso di gennaio dovrebbero arrivare 100mila dosi a cui ne seguiranno 600mila sia a febbraio che a marzo. In totale, fra tre mesi l’Italia dovrebbe avere a disposizione 1,3 milioni di dosi del vaccino di Moderna, che oggi è stato approvato dall’Aifa.

Terapie intensive, soglia d’allerta superata in 11 regioni

I dati forniti da Agenas indicano che in 11 regioni è stata superata la soglia limite dei posti occupati dai pazienti Covid in terapia intensiva. Si tratta della Provincia autonoma di Trento (50%), della Lombardia (38%), del Veneto (37%), della Provincia autonoma di Bolzano (35%), dell’Umbria (35%), del Friuli Venezia Giulia (35%), della Puglia (33%), del Lazio (32%), dell’Emilia Romagna (31%), del Piemonte (31%) e delle Marche (31%). In bilico la Liguria, al 30% di occupazione. Nel complesso, la media italiana si assesta proprio al 30% , anche grazie a regioni in cui il tasso di occupazione delle terapie intensive è basso. È questo il caso della Campania (16%), della Calabria (13%), della Basilicata (5%) e della Valle d’Aosta (5%).

I posti occupati negli altri reparti

La media nazionale dei posti occupati nei reparti di medicina, pneumologia e malattie infettive è del 36%. La soglia limite è del 40% ed è stata superata in nove regioni: Provincia autonoma di Trento (59%), Friuli Venezia Giulia (51%), Piemonte (48%), Emilia Romagna (44%), Lazio (44%), Marche (44%), Provincia autonoma di Bolzano (44%), Veneto (44%) e Liguria (41%).

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