I bambini non si ammalano di Covid e se si ammalano non muoiono, manifestano sintomi lievi e hanno bassa capacità di trasmettere il virus. E allora perché vaccinare? Queste sono solo alcune delle fake news che circolano, ormai da quasi due anni, sull’infezione da Covid-19 nei bambini. Così, a pochi giorni dall’inizio della campagna vaccinale per la fascia 6-11 anni, l’Istituto Superiore di Sanità smonta alcune delle bufale più ricorrenti.
Dall’inizio dell’epidemia, nella fascia 6-11 anni, ci sono stati oltre 263mila casi, 1453 ricoveri in reparti ordinari, 36 ricoveri in terapia intensiva e 9 decessi. Nelle ultime settimane il numero di contagi in questa fascia di età è nettamente in crescita. Anche se in misura minore rispetto all’adulto, “anche nell’età infantile l’infezione da Sars-CoV-2 può comportare dei rischi per la salute“, sottolinea l’Iss.
“I bambini non si ammalano di Covid e se si ammalano non muoiono“. Falso!
Circa 6 bambini su 1.000 vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7.000 in terapia intensiva. Anche nei casi nei quali l’infezione decorre in maniera quasi completamente asintomatica, “non è possibile escludere la comparsa di complicazioni quali la sindrome infiammatoria multisistemica“. Si tratta di una malattia rara ma grave che colpisce contemporaneamente molti organi. Tra le complicanze non si esclude il “long Covid”, cioè la comparsa di effetti indesiderati a distanza di tempo.
Il vaccino riduce di circa il 91% il rischio di infezione nei bambini. Tra i benefici, bisogna considerare, non soltanto la protezione dalla malattia, ma anche la possibilità di frequentare con una maggiore sicurezza la scuola. Oltre a condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi che sono particolarmente importanti per lo sviluppo psichico e della personalità in questa fascia di età.
“Il vaccino espone i bambini a rischi di effetti avversi che senza vaccino non avrebbero“. Falso!
Ma è vero che il vaccino espone i bambini a rischi di effetti avversi? Come per tutti i farmaci e i vaccini, “anche quelli messi a punto contro il Covid presentano un rischio di effetti collaterali“. La sicurezza dei vaccini anti Covid “è monitorata continuamente dalle agenzie regolatorie di tutto il mondo“. Attualmente, anche per le fasce più giovani il rischio di eventi avversi gravi è risultato molto raro. Il rischio di eventi avversi deve, inoltre, essere confrontato con quello di incorrere nelle conseguenze dell’infezione. Su questa base, sottolinea l’Iss, “viene calcolato il rapporto rischi-benefici da parte delle agenzie regolatorie“. L’Ema ha concluso che il rapporto tra benefici e rischi è positivo anche per la fascia d’età 5-11 anni.
“Il numero di bambini che hanno partecipato al programma di sviluppo clinico dei vaccini è troppo piccolo per rilevare potenziali rischi di miocardite associata a vaccinazione“. Falso!
Nei soggetti giovani, si riscontra un rischio aumentato di miocardite e pericardite, che rimane però estremamente basso: intorno ai 50 casi per milione dopo due dosi. Nella maggior parte dei casi, “tali manifestazioni hanno avuto un decorso assolutamente benigno“, spiega l’Iss. Nei bambini più piccoli, “si osserva un minore rischio di sviluppare queste patologie, e non sono stati segnalati casi durante i test clinici”. Inoltre, non bisogna dimenticare un altro aspetto! Le informazioni di sicurezza oggi disponibili riguardano non solo i 3000 bambini che hanno ricevuto il vaccino nell’ambito della sperimentazione clinica, ma comprendono anche i primi dati raccolti negli oltre 3 milioni di bambini di 5-11 anni già vaccinati negli Stati Uniti.
“I vaccini agevolano processi infiammatori che provocano cambiamenti nel sangue dei più piccoli“. Falso!
Al momento non ci sono studi che hanno dimostrato una correlazione tra il vaccino e questo tipo di problemi.
“I vaccini indeboliscono il sistema immunitario ancora non sviluppato dei bambini“. Falso!
Il sistema immunitario dei bambini è programmato per reagire a possibili pericoli già dalla nascita. Il vaccino anti Covid insegna al sistema immunitario a riconoscere l’agente infettivo prima dell’effettiva esposizione, contribuendo così a rafforzarlo.
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