Il vaccino sperimentale contro il Coronavirus dell’azienda farmaceutica britannica AstraZeneca, sviluppato in collaborazione con l’Università di Oxford, ha dato risultati promettenti negli individui con più di 60 anni, portando nuove speranze sulla possibilità che possa proteggere efficacemente le fasce della popolazione più a rischio di sviluppare i sintomi gravi della Covid. Questi risultati sono stati rilevati nel corso di un’analisi effettuata su 560 volontari adulti sani. Persone che avevano partecipato alla fase 2 (su 3) di sperimentazione del vaccino, ora nella fase 3 dei test clinici. In uno studio pubblicato sulla rivista medica Lancet, i ricercatori scrivono che gli individui tra i 56 e i 69 anni e quelli oltre i 70 anni (che erano 240) hanno fatto rilevare una risposta immunitaria paragonabile a quella sviluppata dai volontari tra i 18 e i 55 anni, una volta ricevuto il vaccino.
Il modo con cui AstraZeneca ha realizzato il vaccino anti Covid
Non ci sono solo quindi le aziende Pfizer e Moderna a potere proporsi come produttrici del tanto agognato vaccino anti Covid. A due settimane dalla somministrazione della seconda dose, il 99% dei partecipanti alla fase 2 ha sviluppato anticorpi neutralizzanti contro il Coronavirus, a prescindere dall’età. La quantità di linfociti T ha inoltre raggiunto il proprio massimo dopo due settimane. Dando così al sistema immunitario gli strumenti per individuare e distruggere le particelle virali del virus, nel caso di un’infezione.
Gli autori notano che quasi tutti i partecipanti di tutte le età erano bianchi e non fumatori e potrebbero non essere rappresentativi della popolazione generale. Tuttavia nella sperimentazione di fase 3 di questo processo vengono incluse persone provenienti da una vasta gamma di contesti, Paesi ed etnie.
Il vaccino di AstraZeneca è stato realizzato partendo da uno dei virus che causano il raffreddore comune negli scimpanzé. I ricercatori hanno trasferito il materiale genetico della proteina che il Coronavirus utilizza per legarsi alle cellule e replicarsi, inserendola nel virus ottenuto dagli scimpanzé e reso innocuo per gli esseri umani. In questo modo, il sistema immunitario impara ad attaccare la proteina, così da potere anche affrontare le eventuali infezioni causate dal coronavirus vero e proprio.