La variante Xec del Covid si sta diffondendo rapidamente. Scopri quali sono i sintomi, l’elevata trasmissibilità e come proteggersi
All’inizio di ottobre, una nuova sottovariante del coronavirus si sta diffondendo rapidamente, soprattutto negli Stati Uniti, e sta attirando l’attenzione degli esperti per la sua alta trasmissibilità. Si tratta della sottovariante chiamata “Xec”, che è stata segnalata per la prima volta in Italia già dallo scorso luglio.
Anche se attualmente è presente in diversi Paesi, Xec non sembra causare malattie particolarmente gravi di per sé, sebbene rappresenti un pericolo maggiore per le fasce più deboli della popolazione. La preoccupazione principale riguarda la sua capacità di diffondersi velocemente, il che potrebbe rendere Xec la variante dominante nel periodo invernale, sia negli Stati Uniti che in Europa, inclusa l’Italia.
Covid variante Xec: quali sono i sintomi
Xec è una variante ricombinante, il che significa che è un ibrido nato dalla fusione di altre due sottovarianti: Omicron KP.3.3 e KS.1.1. Identificata per la prima volta a giugno 2023 in Germania, questa variante ha rapidamente guadagnato terreno.
Negli Stati Uniti, Xec è già responsabile del 5,7% delle infezioni e sta salendo velocemente, tanto da essere diventata in breve tempo la quinta variante più diffusa. Il virologo Fabrizio Pregliasco ha commentato che la crescita dei contagi, favorita dalla ripresa delle attività scolastiche, potrebbe portare a una nuova ondata invernale.
Gli esperti sono concordi nel prevedere che Xec potrebbe diventare la variante dominante durante l’inverno. Pregliasco ha dichiarato che, con l’arrivo dei mesi freddi, ci troveremo di fronte a un “cocktail di virus simil-influenzali“, rendendo molto difficile distinguere i sintomi del Covid-19 da quelli dell’influenza.
Per questo motivo, specialmente per anziani e soggetti fragili, sarà fondamentale eseguire un tampone per identificare correttamente la malattia e ricevere le cure appropriate. La situazione sarà ulteriormente complicata dal fatto che i sintomi di Xec sono simili a quelli dell’influenza, includendo febbre, tosse, dolori muscolari e stanchezza.
Nel corso dell’ultima settimana, i casi di coronavirus in Italia sono aumentati, raggiungendo 13.073 nuovi contagi rispetto agli 11.164 della settimana precedente. Anche i tamponi effettuati sono cresciuti, passando da 85.030 a 95.017 test in sette giorni. Nonostante l’aumento dei casi, i decessi sono diminuiti, passando da 112 a 85.
Il tasso di positività è salito al 13,8%, rispetto al 13,1% della settimana precedente, secondo quanto riportato dal Ministero della Salute. I dati della sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) mostrano un’incidenza di 21 casi per 100.000 abitanti nel periodo 23-29 settembre, in aumento rispetto alla settimana precedente.
In molte regioni italiane, l’incidenza dei contagi è cresciuta. Il Veneto è la regione con il tasso di incidenza più alto, pari a 41,3 casi per 100.000 abitanti, mentre la Calabria ha registrato il tasso più basso, con zero casi nella settimana di osservazione. Il tasso di trasmissibilità (Rt), basato sui casi con ricovero ospedaliero e aggiornato al 2 ottobre, è aumentato a 1,20, rispetto a 0,90 della rilevazione precedente.
I dati mostrano che il tasso di ospedalizzazione e mortalità è più elevato tra le fasce d’età più avanzate. Nella fascia 80-89 anni, il tasso di ospedalizzazione è di 75 per milione di abitanti, mentre per gli over 90 è di 143 per milione. Nelle fasce 70-79 e 80-89 anni, il tasso di ricovero in terapia intensiva è rispettivamente di uno e due per milione di abitanti. Il tasso di mortalità è di 5 per milione tra gli 80-89 anni e sale a 21 per milione per gli over 90.
La sottovariante Xec sta registrando una crescita costante anche in Italia, contribuendo all’aumento dei casi di reinfezione. Secondo i dati preliminari dell’Iss relativi al mese di settembre 2024, aggiornati al 29 settembre, si evidenzia la co-circolazione di diverse sottovarianti di JN.1, con una predominanza di KP.3.1.1.
Tuttavia, la proporzione di sequenziamenti attribuibili alla variante ricombinante Xec è in aumento, segnalando una diffusione sempre più marcata.
Il Veneto è una delle regioni italiane più colpite da Xec. Alla fine di settembre, il Veneto ha registrato quattro decessi e dieci ricoveri in terapia intensiva in una sola settimana, con un’incidenza dei tamponi positivi pari a 35 casi ogni 100.000 abitanti.
Questo dato era nettamente superiore alla media nazionale di 16 casi ogni 100.000 abitanti. La maggior parte dei nuovi casi ha colpito persone tra i 45 e i 64 anni, segnalando un incremento significativo delle infezioni.
I sintomi di Xec non si discostano molto da quelli delle varianti precedenti di SARS-CoV-2. Secondo il professor Vincenzo Baldo, docente di igiene e medicina preventiva all’Università di Padova, i sintomi più comuni sono febbre, tosse, dolori muscolari, mal di gola e stanchezza.
Tuttavia, Baldo sottolinea che il vero problema è rappresentato dai contagi asintomatici, che continuano a verificarsi. Questi soggetti, pur non mostrando sintomi, possono diffondere il virus e rappresentare un rischio per le persone più fragili.
Xec, dunque, non sembra causare forme di malattia più gravi rispetto alle altre varianti, ma la sua alta trasmissibilità la rende una minaccia significativa, specialmente per le persone vulnerabili. Anche se non ci sono indicazioni di una maggiore virulenza, l’elevato tasso di diffusione ha portato questa sottovariante a sostituire rapidamente altre varianti in alcune parti d’Europa.
Per combattere la diffusione di Xec, gli esperti raccomandano ancora una volta il vaccino come strumento fondamentale per prevenire le forme più gravi di Covid-19. Il professor Vincenzo Baldo ha sottolineato come, con il passare del tempo, sia diventato sempre più evidente il rischio di sviluppare sintomi persistenti, noti come Long Covid, che possono influire negativamente sulla qualità della vita delle persone.
Tra i sintomi più comuni del Long Covid ci sono affaticamento, difficoltà respiratorie, dolori muscolari e problemi cognitivi.
I vaccini Pfizer e Moderna aggiornati sono considerati efficaci anche contro la sottovariante Xec, anche se non possono offrire una protezione totale.
Tuttavia, la vaccinazione rimane cruciale per ridurre il rischio di sviluppare forme gravi della malattia, soprattutto per le fasce a rischio come anziani e persone con patologie pregresse. Gli esperti continuano a consigliare la vaccinazione, soprattutto in vista dell’inverno, quando l’aumento dei contagi potrebbe portare a una nuova ondata di ricoveri e decessi.
In conclusione, la sottovariante Xec rappresenta una nuova sfida nella lotta contro il Covid-19, soprattutto per la sua elevata trasmissibilità. Sebbene non sembri causare forme più gravi della malattia, la sua rapida diffusione preoccupa gli esperti, soprattutto per il rischio che rappresenta per le fasce più deboli della popolazione.
Il vaccino rimane la migliore arma a disposizione per prevenire le forme gravi e ridurre l’impatto della malattia, rendendolo una priorità in vista della stagione invernale.