Fin dall’inizio della pandemia la comunità scientifica si è interrogata sui possibili effetti dell’aspirina sui pazienti con Covid-19. Nel corso dei mesi sono usciti vari studi sull’argomento, molti dei quali suggerivano dei benefici per i ricoverati in seguito all’assunzione del farmaco. Una nuova ricerca, denominata Recovery, ha però portato a dei risultati differenti. Nel corso dello studio, gli esperti hanno preso in considerazione varie terapie, tra cui la somministrazione dell’aspirina in malati Covid ospedalizzati. Quest’ultima viene fornita ai pazienti per prevenire la formazione di coaguli nei vasi sanguigni.
Lo studio, svoto tra novembre 2020 e marzo 2021, ha coinvolto quasi 15 mila pazienti ricoverati per Covid-19. I malati sono stati suddivisi randomicamente in due gruppi: 7.351 ricevevano 150 milligrammi di aspirina ogni giorno, mentre gli altri 7.541 le abituali terapie previste. Gli esperti hanno osservato che i pazienti che ricevevano il farmaco avevano una degenza ospedaliera leggermente inferiore (8 giorni contro i 9 del gruppo di controllo). Tuttavia, la probabilità di sopravvivenza entro 28 giorni era pressoché identica (75% contro il 74%). Per ogni mille pazienti trattati con il farmaco, circa sei in più hanno avuto un evento di sanguinamento maggiore. Circa sei in meno, invece, hanno avuto un evento tromboembolico.
“I dati mostrano che, nei pazienti ricoverati con Covid-19, l’aspirina non è stata associata a riduzioni di mortalità a 28 giorni, o di rischio di passare alla ventilazione meccanica invasiva o di decesso”. Lo ha dichiarato Peter Horby, co-coordinatore dello studio e infettivologo del Nuffield Department of Medicine dell’università di Oxford. “Sebbene l’aspirina fosse associata a un piccolo aumento della probabilità di essere dimessi vivi, questo non sembra essere sufficiente a giustificarne l’impiego diffuso nei ricoverati per Covid”, ha aggiunto.
“C’è stata una forte indicazione che la formazione di coaguli nel sangue possa essere responsabile del deterioramento della funzione polmonare e della morte nei pazienti con Covid grave”. Lo ha sottolineato Martin Landray, epidemiologo e co-coordinatore dello studio. “L’aspirina è poco costosa e ampiamente utilizzata in altre malattie per ridurre il rischio di trombosi, quindi delude che non abbia avuto un impatto importante su questi pazienti. Questo è il motivo per cui i grandi studi randomizzati sono così importanti: stabilire quali trattamenti funzionano e quali no“.
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