Per quanto tempo si resta immuni al coronavirus dopo essere guariti dall’infezione? Per il momento non esiste ancora una risposta precisa a questa domanda, tuttavia i risultati di alcuni studi condotti nelle ultime settimane indicano che i livelli di anticorpi prodotti dall’organismo tendono a ridursi drasticamente nell’arco di pochi mesi. In particolare, da una ricerca del King’s College di Londra condotta su 90 ex pazienti emerge che dopo tre mesi dall’infezione soltanto il 17% di chi ha contratto il coronavirus mantiene la stessa potenza di risposta immunitaria. In alcuni casi, il livello degli anticorpi nell’organismo può ridursi fino a non essere più rilevabile. Anche da un altro studio, pubblicato sulle pagine della rivista Nature, emergono dei risultati simili. In questo caso, i ricercatori hanno osservato che i livelli di anticorpi protettivi diminuiscono di oltre il 70% in convalescenza e in alcuni soggetti diventano impossibili da rilevare.
Per Pierangelo Clerici, il presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici italiani, è impossibile escludere la possibilità che chi è guarito dal coronavirus Sars-CoV-2 possa riammalarsi. In tutto il mondo sono stati segnalati casi di una seconda infezione, anche se per ora è impossibile dimostrare che si tratti effettivamente di un nuovo contagio o dello stesso virus che si “ripresenta” (in questo caso l’ipotesi è che i frammenti virali restino a lungo all’interno del corpo dopo la scomparsa dei sintomi). Gli autori di una ricerca italiana, pubblicata su BMJ Global Health, sono arrivati persino a considerare l’ipotesi che l’immunità acquisita potrebbe favorire delle reinfezioni accompagnate da dei sintomi più gravi.
Finora la comunità scientifica è riuscita a dimostrare che chi si ammala di Covid-19 sviluppa degli anticorpi neutralizzanti, potenzialmente in grado di respingere i futuri attacchi del coronavirus, entro 19 giorni. Non ci sono certezze sulla durata del loro effetto protettivo, ma gli ultimi studi suggeriscono che nella maggior parte dei casi potrebbe non superare i tre mesi. Katie Doores, la coordinatrice dello studio condotto dagli esperti King’s College, ipotizza che l’efficacia limitata degli anticorpi potrebbe avere un impatto anche sul vaccino, che a sua volta non garantirebbe una protezione duratura (almeno non con una singola dose).
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