La lotta al Coronavirus assume nuove forme anche in Inghilterra, dove la sperimentazione con la nuova terapia al plasma sta facendo registrare risultati promettenti. Sono gli ospedali Guy e St. Thomas di Londra ad aver adottato tale sistema, che già nel 1918 fu uno dei sistemi per contrastare la cosiddetta influenza spagnola.
Terapia al plasma: in cosa consiste
Tale sperimentazione prevede che gli scienziati prelevino da soggetti già guariti dal Coronavirus il plasma, contenente gli anticorpi che si sono generati una volta superata la malattia. Il plasma con gli anticorpi viene quindi sottoposto alle persone infette tramite trasfusione, e in questo modo si punta a rinforzare il sistema immunitario di queste ultime.
A condurre lo studio sulla terapia del cosiddetto “plasma convalescente” è al momento il dottor Manu Shankar-Hari. Consulente del reparto di terapia intensiva dei due ospedali londinesi, il medico non nasconde il proprio ottimismo: “Dobbiamo sottolineare un importante aspetto, e cioè che un farmaco dal funzionamento certo per il trattamento dei malati da Coronavirus in condizioni critiche ancora non esiste. Detto questo, però, la terapia al plasma potrebbe aumentare le possibilità di guarigione per i malati gravi“.
“Il nostro studio dimostra che la protezione contro il Coronavirus tramite questi anticorpi è immediata. La speranza dunque è che il trattamento con il plasma permetta una liberazione dal virus e una guarigione molto più veloci“, aggiunge il ricercatore.
Ex malati di Coronavirus già a disposizione
La sperimentazione sta già riscontrando un importante seguito in Gran Bretagna, tanto che i donatori di plasma non mancano. La ‘BBC’ riferisce che già 148 persone guarite dal Coronavirus hanno messo a disposizione il loro plasma. Tra di loro c’è Jo Toozs-Hobson, una donna di Birmingham che è rimasta contagiata insieme a tutto il resto della famiglia.
“Ho il terrore degli aghi – la sua confessione alla ‘BBC’ –. Quindi normalmente non donerei il mio sangue. Ma ho letto di questa iniziativa su Facebook e ho pensato che dovevo farlo, a causa dell’esperienza che abbiamo vissuto“.