Coronavirus, Brusaferro: “No al riuso delle mascherine chirurgiche”

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Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, è intervenuto in audizione nella Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, dove ha parlato delle conseguenze del Coronavirus. “Le mascherine chirurgiche possono esser utilizzate anche per un uso prolungato da due a sei ore, ma non ci sono evidenze che ne garantiscano il riutilizzo in sicurezza” e neppure il ricondizionamento. Per quelle di comunità “dipende dal materiale con cui sono realizzate”, ma queste “non hanno potere filtrante, fungono solo da barriera”.

Brusaferro afferma che le mascherine chirurgiche sono “uno strumento normato a livello internazionale con determinati requisiti”, e hanno “caratteristiche di filtraggio e resistenza agli schizzi particolari, normate UNI, che vanno rispettate”, ribadendo che le mascherine chirurgiche hanno “prestazioni particolari e sono fatte con materiale particolare” per proteggersi dal Coronavirus. Sottolineando che le mascherine “Ffp2 e Ffp3 non sono citate”, le mascherine “chirurgiche non possono avere standard meno stringenti”, precisa Brusaferro, mentre quelle di “comunità possono avere requisiti meno stringenti”.

“Non c’è trasmissione del Coronavirus dagli alimenti”

Intanto, però, a livello di ricerca e di produzione si studiano materiali riutilizzabili per le mascherine e il “tema va promosso per ridurre il carico, la quantità di materiale che genera rifiuto”, afferma il presidente dell’ISS, “ma va fatto con un’attenzione che preveda l’uso di materiali riciclabili, prima, e materiali che possano essere ricondizionati”.  Infine, Brusaferro si concentra sull’eventuale trasmissione del Coronavirus dagli alimenti. “Ferma restando l’assenza di evidenze rispetto alla trasmissione alimentare del virus e la valutazione da parte dell’Oms che la possibilità di contrarre il Covid-19 tramite gli alimenti o tramite le confezioni alimentari sia altamente improbabile, nel corso dell’epidemia da Sars CoV-2, la tutela dell’igiene degli alimenti richiede di circoscrivere, nei  limiti del possibile, il rischio introdotto dalla presenza di soggetti potenzialmente infetti in ambienti destinati alla produzione e alla commercializzazione degli alimenti”, ha concluso Brusaferro.

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