AstraZeneca: dopo la decisione dell’Ema, cosa succederà adesso?

L’esito del verdetto dell’Ema su AstraZeneca che arriva da Amsterdam dovrà far sì che l’Italia si rimetta rapidamente in marcia sulla somministrazione del vaccino. Stante anche il ritardo che il nostro Paese stava accusando ancora prima della sospensione sancita il 15 marzo.

AstraZeneca, un ritardo da colmare al più presto

In Italia la battuta d’arresto delle vaccinazioni con AstraZeneca ha avuto un impatto di circa 200mila dosi non somministrate. Una battuta d’arresto recuperabile in circa 15 giorni, secondo quanto ritiene il Governo. Tuttavia c’è anche la certezza che l’immagine del vaccino di Oxford, nonostante le rassicurazioni, sia ormai compromessa. Ci si aspetta riluttanza e l’aumento dell’esitazione vaccinale da parte della popolazione, con il rischio di non riuscire a rispettare il piano che prevede l’immunizzazione dell’80% degli italiani entro settembre. Come e cosa fare, dunque, per rimettere in moto le vaccinazioni?

Sul tavolo ci sono diverse opzioni per rispettare e rafforzare la tabella di marcia indicata dal commissario straordinario all’emergenza, il generale Paolo Francesco Figliuolo. Tra queste, ci sono l’overbooking, lo slittamento in coda alle liste vaccinali di chi rinuncia alla prima chiamata, la somministrazione dei vaccini nelle farmacie, il raddoppio dei turni dei medici e infermieri.

L’overbooking nelle prenotazioni e slittamento in caso di rinuncia

L’idea dell’overbooking consiste nella chiamata di più persone rispetto alle dosi di fatto somministrabili nell’arco di una giornata. Così facendo, anche se alcune persone non si presenteranno all’appuntamento per la vaccinazione, ci saranno in coda altre persone a cui somministrare il vaccino, evitando quindi lo spreco di dosi e di allungare i tempi di attesa per la popolazione in generale.

Un meccanismo già pre-esistente nella campagna vaccinale è quello invece dello slittamento in coda alle liste d’attesa in caso di rinuncia. Qualora una persona non dovesse prenotarsi in tempo (in base alla categoria d’appartenenza, fascia d’età o, eventualmente, secondo l’ordine professionale di appartenenza con priorità), o dovesse disdire l’appuntamento per la vaccinazione ad esempio con AstraZeneca, finirebbe in automatico in fondo alle liste d’attesa, ritardando dunque la possibilità di poter ricevere la dose di vaccino di almeno 3 mesi.

La somministrazione dei vaccini nelle farmacie e il raddoppio dei turni dei medici e infermieri

Per aumentare la capillarità delle vaccinazioni, si valuta anche l’idea di potere somministrare i vaccini anti-Covid della Johnson&Johnson (che richiede un’unica somministrazione e non due inoculazioni) attraverso le farmacie territoriali. A somministrarle sarebbero ovviamente dei medici che, affiancati dal personale infermieristico e sanitario, monitorerebbero la situazione post-vaccino, affinché vengano rispettati i protocolli standard di sicurezza.

Per cercare di tamponare lo stop delle somministrazioni di AstraZeneca e al contempo velocizzare l’inoculazione degli altri vaccini anti-Covid, diverse regioni, come il Lazio, hanno già annunciato che i turni dei medici e degli infermieri verranno prolungati al fine di poter permettere di somministrare un maggior numero di dosi, allungando quindi i tempi di apertura delle sedi di vaccinazione. Stesso discorso vale per la Lombardia, anche se in questo contesto la Cisl ha espresso perplessità, poiché “non è giunta alcuna comunicazione alle organizzazioni sindacali” sul prolungamento dell’orario lavorativo. A ciò, si aggiunge la richiesta di scudo penale per i medici che somministreranno il vaccino, al fine di evitare che “il professionista che si è comportato in maniera corretta, ha fatto una somministrazione di un farmaco autorizzato a tutti i livelli, non possa essere chiamato in causa” in caso di eventi avversi sul paziente.

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