Una nuova risposta al Coronavirus arriva dalla multinazionale Eli Lilly. Non si tratta però di uno studio su un nuovo vaccino, bensì di una produzione massiccia di anticorpi monoclonali. Storicamente destinati a contrastare il cancro, ora verranno destinati alla lotta contro la pandemia. Con l’Italia in primissima linea, dato che la produzione avverrà in Italia, tra Latina e Sesto Fiorentino.
L’annuncio di Eli Lilly: “Anticorpi monoclonali contro il Coronavirus”
Lo spiega la stessa Eli Lilly, con un comunicato in cui annuncia l’importante novità e la produzione del bamlanivimab, destinato appunto a contrastare il COVID-19. “Lungimiranza, tecnologia avanzata, eccellenza operativa. Sono le tre parole chiave grazie alle quali oggi vengono prodotte migliaia di dosi di anticorpi monoclonali. Da sempre destinati all’oncologia, questi farmaci sono ora stati studiati anche per la cura del Coronavirus“, si spiega nella nota ufficiale.
Quindi l’azienda farmaceutica illustra la novità: “È infatti in corso la produzione dell’anticorpo monoclonale di Lilly, il bamlanivimab. Dai primi di dicembre vengono prodotte in Italia (da BSP Pharmaceuticals per conto di Lilly) circa 100 mila dosi al mese, dedicate ai Paesi dove il farmaco è già autorizzato. La produzione italiana a regime nel 2021 sarà di circa 2 milioni di flaconi. La produzione, oltre al sito italiano, vede coinvolti altri 6 stabilimenti nel mondo“.
Il ruolo centrale dell’Italia: gli stabilimenti di Latina e Sesto Fiorentino
Fondamentale, per il programma, è proprio lo stabilimento italiano di Eli Lilly a Latina. “Una produzione, quella degli anticorpi monoclonali, particolarmente complessa che richiede competenze specifiche elevate. Il sito BSP di Latina rappresenta per Lilly una garanzia in termini di affidabilità e qualità grazie alle consolidate competenze tecniche, scientifiche e operative, come anche confermato dalle molteplici certificazioni di agenzie regolatorie internazionali tra cui l’FDA americana“.
“Anche il sito Lilly di Sesto Fiorentino giocherà indirettamente un ruolo strategico accelerando la partenza di una nuova linea siringhe di recente installazione. E liberando così capacità produttiva nel sito americano Lilly che si dedicherà alla produzione di Bamlanivimab“, si aggiunge nel comunicato. Dove si rende ancora più chiara la centralità dell’Italia nel progetto.
Le difficoltà di produzione degli anticorpi monoclonali
“Il processo di sviluppo di un anticorpo monoclonale è in effetti molto più sofisticato di quello di un farmaco ‘tradizionale’ – ha spiegato Aldo Braca, presidente di BSP Pharmaceuticals –. La sintesi e la purificazione degli anticorpi monoclonali sono contraddistinte dall’uso di materie prime complesse e da passaggi che non possono essere completamente caratterizzati dai principi fondamentali della chimica e della fisica. La qualità delle materie prime, la temperatura o il pH possono modificare in modo imprevedibile il prodotto finale“.
“Lilly ha messo in gioco tutta la sua capacità scientifica e produttiva per combattere questa pandemia. Siamo orgogliosi dei nostri sforzi per sviluppare potenziali farmaci capaci di combattere il COVID-19 – ha invece dichiarato Huzur Devletsah, presidente e amministratore delegato di Lilly Italy Hub –. Abbiamo fatto in pochi mesi ciò che di solito richiede anni, rimanendo impegnati a rispettare i nostri rigorosi standard per la sicurezza dei pazienti e la qualità dei prodotti. E abbiamo autofinanziato i costi di ricerca, sviluppo e produzione per i nostri potenziali trattamenti per il COVID-19. Senza chiedere fondi ai governi“.
Gli obiettivi di Eli Lilly per il primo trimestre 2021
“Crediamo, infatti, che questo sia il nostro ruolo come azienda biofarmaceutica: investire nella ricerca e creare nuovi farmaci per momenti di forte crisi come questa pandemia. Così come per altre malattie croniche o potenzialmente letali. Il nostro obiettivo è garantire che le terapie con gli anticorpi Lilly siano disponibili per i pazienti che ne hanno bisogno. Indipendentemente dal luogo in cui vivono“, ha aggiunto Devletsah.
“Lilly, che ha già prodotto globalmente oltre un milione di dosi nel 2020, prevede di incrementare la disponibilità del farmaco in modo sostanziale a partire dal primo trimestre del 2021, poiché saranno disponibili durante tutto l’anno risorse aggiuntive di produzione“, la sua promessa finale. E intanto la fase 3 della sperimentazione è molto incoraggiante, perché la somministrazione a 1000 persone in una Rsa (pazienti e staff) ha ridotto dell’80% i rischi di contrarre il Coronavirus. E questo inevitabilmente fa crescere la speranza di una nuova soluzione per il contrasto alla pandemia. Gli studi, in tal senso, continuano incessantemente.