Con l’estate torna il caldo, e molte persone riprenderanno dopo mesi di interruzione a dedicarsi al nuoto. Ma per alcune di loro, saper nuotare potrebbe non essere sufficiente per garantire il massimo livello di sicurezza. Questo perché alcune condizioni mediche aumentano notevolmente il rischio di annegamento, secondo un nuovo studio proveniente dal Canada.
Lo studio parte da un dato statistico decisamente allarmante. Riguarda i casi di annegamento che si sono verificati nelle acque del Canada tra il 2007 e il 2016. Ebbene, circa uno su tre adulti e bambini superiori ai dieci anni di età coinvolti in questi tragici episodi presentavano specifiche condizioni di salute. Ecco quali sono.
I dati sono piuttosto attendibili, dato che riguardano ben 4.300 casi di annegamento che un database canadese ha registrato. La maggior parte di essi ha riguardato persone che si trovavano da sole, e l’81% delle vittime è di sesso maschile. Circa il 63% degli eventi è avvenuto nelle aree urbane, il 25% delle persone stava praticando nuoto e il 24% la nautica. Non solo in mare, dato che il 36% degli episodi è avvenuto in laghi o stagni.
Ebbene, le persone a più alto rischio presentavano alcune caratteristiche mediche comuni. Due di esse sono la cardiopatia ischemica e l’epilessia. In particolare, le donne di età compresa tra 20 e 34 anni che presentano disturbi convulsivi hanno un rischio di annegamento 23 volte maggiore di quello della popolazione generale. “Siamo altamente consapevoli di questo genere di rischio. E avvisiamo le persone soggette a questo problema, ma spesso non basta“, ha ammesso la dottoressa Jacqueline French, professoressa di neurologia presso la NYU School of Medicine di New York.
Le persone che presentano problemi cardiaci, invece, dovrebbero valutare molto seriamente i propri comportamenti durante le gite o vacanze sull’acqua. “Chi soffre di cardiopatia, ha subito un infarto o utilizza stent cardiaco o bypass, dovrebbe sottoporsi a una valutazione medica prima di praticare nuoto in acque libere“, ha affermato il dottor Richard C. Becker, direttore della facoltà di cardiologia all’Università di Cincinnati. “Se sopraggiunge un’aritmia o addirittura un infarto sulla terraferma, si può intervenire tempestivamente. Se avviene in un lago, nel mare, o addirittura nell’Oceano, invece, il rischio è di svenire o perdere conoscenza. E a quel punto solo un intervento esterno può scongiurare l’annegamento“, ha aggiunto.
Questo però non significa che i cardiopatici non possano dedicarsi al nuoto. Anzi. “Con le raccomandazioni e la guida di un operatore sanitario per le persone con malattie cardiache note, il nuoto è riconosciuto come un ottimo mezzo di esercizio a basso impatto e di intensità moderata“, ha aggiunto il dottor Becker. L’importante è farsi guidare da un esperto. Per le persone che soffrono di epilessia, invece, anche immergersi in una vasca comporta dei rischi. Le statistiche sull’annegamento, in tal senso, parlano molto chiaro.
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