Un nuovo studio che individua negli occhi un segnale precoce del decadimento da Alzheimer e dunque un’importante spia per la sua diagnosi tempestiva: è quello recentemente pubblicato sulla rivista “Acta Neuropathologica” e condotto dai ricercatori dell’ospedale Cedars-Sinai di Los Angeles. Nello specifico, la ricerca ha identificato alterazioni nella retina e la netta diminuzione di alcune cellule nelle persone con declino cognitivo. Ecco nel dettaglio quanto emerso dello studio statunitense, il primo ad aver analizzato tessuti della retina e cerebrali donati da una novantina di pazienti colpiti dalla patologia o da altre forme di demenza.
“La ricerca è la prima ad aver analizzato l’impatto della malattia sul profilo molecolare, cellulare e strutturale della retina ed il suo rapporto con le demenze“, ha spiegato l’autrice, Koronoyo-Hamaoui.
I campioni prelevati dai malati sono stati confrontati con altri ottenuti da donatori sani. I ricercatori sono così riusciti ad osservare un netto aumento della proteina beta-amiloide, chiaro segnale della presenza dell’Alzheimer – ed un declino pari all’80% rispetto al normale delle cellule “microgliali”. Si tratta di cellule responsabili della ‘riparazione’ di tessuti e cellule danneggiate, in particolare “ripuliscono” gli accumuli della proteina beta-amiloide nel cervello e negli occhi. Inoltre markers di infiammazione sono stati individuati nella retina negli individui con l’Alzheimer, ma anche con lievi forme di declino cognitivo. Secondo l’equipe losangelina dall’analisi degli occhi e del tessuto celebrare sarebbe dunque possibile effettuare una diagnosi su persone che non hanno ancora sviluppato i sintomi dell’Alzheimer.
Un ulteriore nuovo possibile approccio nella diagnosi dell’Alzheimer arriva da un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Pittsburgh, negli Stati Uniti, insieme ai colleghi dell’Università di Göteborg, in Svezia, e dell’Università di Brescia. Il team di ricerca ha messo a punto un test del sangue basato su un nuovo marcatore dell’Alzheimer, che potrebbe rappresentare una pietra miliare nella diagnosi della patologia. Come spiegato dagli studiosi, gli attuali metodi diagnostici basati sul sangue sono in grado di rilevare anomalie di tau presente nel plasma, ma hanno difficoltà a individuare marcatori specifici del cervello, non influenzati dalle proteine tau prodotte da cellule non cerebrali.
Nel corso dello studio, i ricercatori sono riusciti a sviluppare una tecnica per rilevare selettivamente la “Tau derivata dal cervello” (BD-Tau), un anticorpo che si lega alla proteina tau rendendola facilmente rilevabile nel sangue. L’efficacia del test è stata valutata su oltre 600 campioni di sangue di pazienti con malattia in fase iniziale, o la cui diagnosi era stata confermata dopo il decesso. Dal test è emerso che i livelli di BD-tau rilevati corrispondevano ai livelli di tau nel liquido cerebro spinale e distinguevano in modo affidabile l’Alzheimer da altre malattie neurodegenerative.
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