Nel suo libro appena pubblicato (“La democrazia al bivio”, Guida editore) Vincenzo De Luca parla di tanti argomenti. Del Partito Democratico, della giustizia, della palude burocratica. E subito colpisce il tono. Col solito sarcasmo accenna, è vero, a un Pd che ancora “si propone ai cittadini con la chiarezza e l’efficacia comunicativa dell’aramaico antico”, ma l’intenzione sembra buona. Sembra, appunto, perché si sa che in De Luca convivono molte ‘anime’.
Sulla guerra in Ucraina, il presidente della Regione Campania si mimetizza. Vincenzo De Luca scrive che “dobbiamo, con intelligenza, inglobare l’Ucraina nell’Unione Europea e, con tenacia, costruire anche in modi nuovi, rapporti, vincoli, forme di collaborazione con la Russia. Dobbiamo ‘incatenare a noi’ quel popolo; sottrarlo al destino di un’umiliazione bruciante, foriera di nuove tragedie”. Nel faccia a faccia con Matteo Salvini alle celebrazioni per i 130 anni del quotidiano Il Mattino, invece, è così che parla dell’Ucraina.
“Altro che democrazia liberale! Nessuno ha detto che l’Ucraina ha violato gli accordi di Minsk, nessuno ha detto che stavano facendo un’operazione di pulizia etnica a danno della comunità russa, nessuno dice che in Ucraina è agli arresti il capo dell’opposizione. Solo che nella comunicazione pubblica, se sono russi sono tutti oligarchi, se sono ucraini sono tutti democratici oxfordiani”. Di più, in nome della par condicio tra aggressore e aggredito: “Se c’è un mega yacht è di Putin, se c’è una mega villa in Toscana di proprietà di Zelensky non se ne parla”.
Insomma: fuori dalle pagine stampate, Vincenzo De Luca ha ormai un chiodo fisso: contraddire la linea del suo partito sul conflitto in Ucraina e dire l’esatto opposto di quello che dice Enrico Letta. Sostiene infatti le ragioni e le contorsioni del pacifismo “pragmatico”, dell’atlantismo ipercritico e di una occidentalizzazione dei sistemi politici vista quasi come una calamità.
L’8 aprile De Luca aveva cominciato chiedendo prudenza al governo. “Siamo schierati nettamente con l’Europa e con la Nato, ma siamo diventati il Paese che grida di più”. Due settimane dopo, la Nato è già condannata: “Abbiamo detto che è un’alleanza difensiva, ma questo è falso. È difensiva quando vuol essere difensiva, ma negli ultimi 30 anni è stata un’alleanza anche aggressiva che ha violato la legalità internazionale”.
Passa qualche giorno e Stoltenberg, il segretario dell’Alleanza, si ritrova tra gli “analfabeti di ritorno”. Nel frattempo, nel golfo di Napoli staziona la portaerei Truman: c’è un invito a bordo, ma De Luca clamorosamente declina. Il 9 maggio, tocca invece all’amministrazione Biden: “Peccato che negli Stati Uniti non ci siano più Kissinger e Brzezinski, quei grandi diplomatici che avevano innanzitutto senso della storia, non questi tangheri”. Con Brzezinski, però, gli va male. Il giorno dopo lo intervista La Stampa e l’ex sottosegretario alla difesa è categorico: “È Putin il problema”. De Luca non lo citerà più.
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