Vannacci è toscano, 56 anni, 37 passati in divisa con il basco amaranto dei parà, al suo attivo tante missioni e ora punta alla politica?
Il generale Roberto Vannacci ha sorpreso tutti, diventando sia un simbolo del buon senso che un bersaglio delle critiche per la sua franchezza politicamente scorretta.
Nonostante fosse poco conosciuto, ha fatto scalpore vendendo circa un milione di copie del suo libro autoprodotto, emergendo come un opinionista dal pensiero controverso, ma moderato. La sua entrata in politica è ora auspicata da molti, specialmente dalla Lega, in vista delle prossime elezioni europee.
Nato a La Spezia e cresciuto a Ravenna, figlio di un capitano di artiglieria, il generale Vannacci è un ufficiale dell’Esercito che ha catturato l’attenzione del pubblico diviso e conquistato, meritando un’indagine approfondita e un racconto dettagliato della sua storia.
È importante analizzare il suo passato e capire la sua visione del presente, proiettandoci verso un futuro in cui potrebbe svolgere un ruolo significativo come rappresentante eletto, forse anche di primo piano.
Il libro di Vannacci, intitolato Un mondo al contrario, racconta un’Italia vista attraverso gli occhi di chi ha vissuto esperienze estreme in missioni militari all’estero, in luoghi come la ex Jugoslavia, il Ruanda, l’Iraq e soprattutto l’Afghanistan.
Qui, nel 2006, ha comandato la Task Force 45, l’élite delle forze speciali italiane, operando in ambienti pericolosi e sconosciuti, dove ogni decisione doveva essere presa in frazioni di secondo.
Il generale Vannacci è diventato un fenomeno mediatico, partecipando a numerose presentazioni del libro, apparizioni televisive e dibattiti come commentatore.
Ogni evento di cronaca, visto dal punto di vista del centrodestra, sembra richiedere il suo parere, anche se questo gli attira le critiche del centrosinistra per la presunta parzialità dei suoi giudizi, in contrasto con il ruolo neutrale che dovrebbe mantenere come ufficiale dell’esercito.
Nonostante le controversie, il generale non esita ad esprimere le sue opinioni, come nel caso del gioielliere-giustiziere di Cuneo, per il quale si è schierato affermando che difendersi non può mai essere considerato un reato.
Vannacci sta guadagnando consensi anche in ambienti inaspettati: l’Unione Giuristi Cattolici di Piacenza ha invitato l’alto ufficiale per una conferenza il 20 dicembre inizialmente prevista in una sala parrocchiale.
L’evento dovrà cambiare sede per accogliere le migliaia di persone attese. Le posizioni del generale-saggista attraggono un pubblico trasversale e anche Matteo Salvini lo osserva con interesse, avendo avuto incontri privati con lui due o tre volte, secondo fonti ben informate. Si parla sempre più spesso di una sua possibile candidatura nelle file della Lega.
Il generale, attualmente neo-capo di Stato maggiore del comando delle forze di terra, è stato oggetto di un’inchiesta disciplinare per il suo libro, ma ciò nonostante potrebbe rappresentare una novità significativa nel panorama politico italiano.
Si tratta di un passo audace in un Paese che non ha mai visto ex militari occupare le posizioni politiche più alte. Il suo potenziale programma politico, che affronta temi delicati come criminalità, immigrazione, fiscalità e ambiente, riesce a toccare corde sensibili e ad intercettare il malcontento diffuso tra gli italiani quando si avvicinano alle urne.
Sebbene si descriva come un soldato, Vannacci ha ricevuto più riconoscimenti all’estero che in patria, una situazione condivisa anche dai suoi colleghi incursori.
Questo perché, mentre venivano elogiati dagli alleati per le loro imprese in Afghanistan, in Italia venivano quasi messi all’indice come un’armata “clandestina”.
Vannacci ha dimostrato di avere un forte senso di giustizia, come quando ha denunciato l’esposizione dei militari italiani all’uranio impoverito, un gesto che ha provocato scalpore nelle alte sfere dell’Esercito.
Il generale non esclude nulla: dopo aver seminato idee controverse, sta constatando che queste in qualche modo stanno prendendo piede. Dopo un breve periodo di lontananza dal centro della scena politica, è tornato sotto i riflettori grazie al suo nuovo incarico.
Vannacci è abituato a difendere i valori della Costituzione, in particolare la libertà di espressione, che ritiene debba essere garantita anche a chi indossa le stellette.
Questo ha portato a uno scontro con il ministro della Difesa, il quale lo ha pubblicamente rimproverato dopo la pubblicazione del suo libro. Secondo Piero Laporta, un ex generale del Genio e attuale saggista, è stato proprio questo confronto con Crosetto a portare l’attenzione sulla vicenda.
Laporta sostiene che il ministro ha commesso un errore nel criticare Vannacci, sottolineando che, in passato, lo Stato Maggiore aveva difeso la libertà di espressione di altri militari. Questa situazione sembra essere più una mossa di marketing che una reale preoccupazione per la disciplina militare.
Le soluzioni proposte da Vannacci possono essere discutibili e talvolta fuori bersaglio, ma sono sempre basate su osservazioni concrete e dati reali, non solo su ideologie.
Prendiamo la questione ambientale: Vannacci sostiene l’importanza della cura del pianeta, ma critica l’approccio basato solo sul senso di colpa, sottolineando che molte comunità nel mondo devono affrontare problemi ambientali molto più gravi. Nel suo libro, diviso per temi, Vannacci non offre soluzioni facili, ma invita a considerare i problemi in modo mirato.
Vannacci esprime il suo punto di vista sui migranti basandosi sulla sua esperienza militare: afferma che durante il servizio insegnavano ai militari il rispetto e l’accettazione delle tradizioni locali, poiché ogni cultura percepisce come estraneo chi non si integra nel suo contesto.
Tuttavia, una volta tornato in patria, Vannacci non trova lo stesso rispetto in coloro che sbarcano e afferma di non avere la pretesa di cambiare il mondo, ma non vuole che nessuno cambi il suo mondo e propone una revisione oppure un diverso approccio alla regola del divieto di respingimento dei migranti, altrimenti i flussi continueranno inarrestabili.
Inoltre Vannacci critica anche il modello di società multietnica adottato da Svezia e Danimarca, definendolo un fallimento. A suo parere, questo modello proposto da coloro che sono contrari alla meritocrazia e che rivendicano diritti basati sull’appartenenza a determinate categorie è una forma di “dittatura delle minoranze”.
Questa mentalità, secondo Vannacci, avrebbe prevaricato il concetto di democrazia, dove la maggioranza decide e il resto si adatta.
Vannacci sottolinea l’importanza di proteggere le minoranze, ma avverte che i loro diritti non devono trasformarsi in privilegi o posizioni di vantaggio. Tuttavia, alcune delle sue posizioni possono essere considerate estreme e richiedono una gestione attenta, poiché possono evocare paralleli con ideologie controversie di altre figure politiche.
Infine, il generale Vannacci durante le numerose intervista ha manifestato apertamente il suo apprezzamento per la percezione di ordine e sicurezza che si respira a Mosca, dove ha prestato servizio come addetto militare in ambasciata.
Queste posizioni hanno suscitato reazioni negative anche in ambienti della Difesa, che hanno fatto notare certe affinità ideologiche in un contesto internazionale conservatore che sembra continuare a ispirarsi al trumpismo, con figure come Steve Bannon sullo sfondo.
Vannacci è un personaggio complesso, difficile da decifrare e probabilmente impossibile da manovrare: ha dimostrato competenza nel gestire situazioni critiche e ha una formazione solida, con tre lauree in Scienze strategiche, Scienze internazionali e diplomatiche, e Scienze militari, portando sempre con sé qualche buon libro.
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