Sono ore di massima allerta per quello che sta avvenendo nei pressi di Taiwan, dove per tre giorni la Cina ha portato avanti le proprie esercitazioni militari.
L’obiettivo del Governo di Xi Jinping è stato quello di testare un blocco intorno all’isola a pochi chilometri dalla costa cinese, attraverso l’utilizzo di continui attacchi simulati.
Ciò che ha alzato il livello di tensione è stata, però, la presenza a bordo dei mezzi militari cinesi anche di armi reali.
Ben 11 navi da guerra e 70 aerei da combattimento sono stati contati ieri vicino a Taiwan, nel terzo e ultimo giorno di esercitazioni militati che la Cina ha portato avanti nei pressi dell’isola.
Continui sono stati gli attacchi simulati che l’esercito cinese ha compiuto nelle scorse ore, all’interno del piano di esercitazione rinominato Joint Sword e che ha previsto lo svolgimento di test utili a produrre un ipotetico accerchiamento di Taiwan.
Un vero e proprio blocco simulato dell’isola, attraverso operazioni che hanno visto il coinvolgimento anche della portaerei Shandong e di decine di caccia H-6K, sui quali sono state caricate anche armi e munizioni vere.
Gli attacchi sono stati simulati su obiettivi ritenuti sensibili sull’isola di Taiwan, come affermato in una nota dal Comando del teatro orientale dell’Esercito popolare di liberazione cinese.
Una maxi operazione che sta tenendo in uno stato di grande allerta l’intera isola, con il Ministero della Difesa di Taipei al lavoro per poter monitorare minuto per minuto tutto ciò che sta accadendo.
All’indomani del termine delle esercitazioni, nei pressi di Taiwan è stata rilevata la presenza ancora di 26 jet militari e 9 navi da guerra cinesi, con il Ministero della Difesa che ha tenuto a sottolineare in una nota come la Cina abbia “inviato aerei militari che hanno attraverso la linea mediana dello Stretto di Taiwan da nord, dal centro e dal sud.
Come riferito dalla CCTV, l’emittente di stato cinese, nelle scorse ore molti aerei da combattimento e navi da guerra cinesi hanno simulato attacchi e bombardamenti contro Taiwan.
Un’azione che è stata letta subito come una risposta diretta all’incontro che si è tenuto in California lo scorso 6 aprile tra la Presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, e il Presidente della Camera degli Stati Uniti d’America, Kevin McCarthy.
Un incontro storico, visto che era dal lontano 1979 che due cariche così importanti di Stati Uniti e Taiwan non si incontravano sul suolo americano.
Per questo, anche gli USA stanno monitorando con attenzione quanto sta avvenendo in questi giorni nei pressi di Taiwan.
Una nave da guerra degli Stati Uniti è stata avvistata nel Mar Cinese Meridionale, dove è transitata nelle scorse ore.
La US Navy ha, infatti, riferito che il cacciatorpediniere missilistico USS Milius ha condotto una missione sui diritti e le libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, nei pressi delle Isole Spratly.
Un’operazione che la Marina degli USA ha classificato come “conforme al diritto internazionale”, ma che ha finito con il suscitare la reazione immediata di Pechino che ha, invece, annunciato come la nave americana sia “entrata illegalmente nelle acque vicino alla barriera corallina cinese di Meiji nelle Nansha”.
Ma non è finita qui. Oggi gli USA hanno, infatti, deciso di dare inizio alle più grandi esercitazioni militari congiunte al fianco delle Filippine.
Un’operazione che vedrà il coinvolgimento di oltre 18.000 soldati e che includerà il lancio di proiettili veri per la prima volta nel Mar Cinese Meridionale.
Tra le varie esercitazioni, è previsto, poi, anche l’atterraggio di elicotteri militari su un’isola filippina al largo di Luzon, a circa 300 km di distanza da Taiwan.
Una risposta diretta alle operazioni militari cinesi di queste ore.
Attraverso le parole del portavoce del Ministero degli Esteri, Wang Wenbin, la Cina ha voluto sottolineare come “l’indipendenza e la pace di Taiwan siano due scenari che si escludono a vicenda”.
Lo stesso Wenbin ha anche aggiunto che le esercitazioni militari che la Cina ha effettuato da sabato a lunedì sono servite come “monito per le forze secessioniste di Taiwan e le loro collusione con le forze esterne”.
Un messaggio politico forte e chiaro, con la Cina che si è dichiarata pronta a intraprendere tutte le “azioni necessarie per salvaguardare la sovranità nazionale e la propria integrità territoriale” qualora ce ne fosse bisogno.
Immediata la reazione della Presidente di Taiwan, Tsai Ing-Wen, la quale ha definito “irresponsabile” l’azione cinese e sottolineato in un post apparso sui propri profili social ufficiali come “la Cina stia usando manovre militari per minacciare la stabilità di Taiwan”.
Preoccupato per un possibile coinvolgimento del Giappone in un ipotetico conflitto, anche il Ministro della Difesa del Sol Levante, Yasukazu Hamada, ha descritto le operazioni militari cinesi come un “addestramento intimidatorio”.
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