L’Italia e la sfida al cambiamento climatico: la situazione

Italia alla COP29: Giorgia Meloni ribadisce gli impegni sul cambiamento climatico, ma emergono ritardi e criticità nel Piano Nazionale per l’energia e il clima

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rappresentato l’Italia alla COP29, la conferenza mondiale dedicata al cambiamento climatico, svoltasi quest’anno a Baku, in Azerbaijan. Questo evento, organizzato sotto l’egida dell’ONU, rappresenta un momento cruciale per valutare i progressi globali e definire nuove strategie per affrontare una delle sfide più importanti del nostro tempo.

Nonostante la rilevanza diplomatica e politica della sua partecipazione, l’intervento di Meloni non ha introdotto novità significative: sono stati ribaditi impegni già presi, senza però annunciare nuovi piani per contrastare il riscaldamento globale.

L’Italia e la sfida al cambiamento climatico

Durante il suo discorso, Meloni ha menzionato la fusione nucleare, una tecnologia sperimentale che, pur promettente, non sarà pronta a breve termine per contribuire in modo efficace al raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dall’Accordo di Parigi.

Secondo gli esperti, infatti, anche nelle ipotesi più ottimistiche, questa soluzione non avrà un impatto diretto sull’urgenza di mantenere l’aumento delle temperature globali al di sotto di 1,5 °C. Questo approccio ha suscitato critiche, evidenziando come l’intervento della presidente fosse più simbolico che concreto, privo di azioni immediate per affrontare le priorità climatiche.

L'Italia e la sfida al cambiamento climatico: il ruolo alla COP29 e il PNIEC
L’Italia e la sfida al cambiamento climatico: il ruolo alla COP29 e il PNIEC | ANSA/FILIPPO ATTILI/US PALAZZO CHIGI- Newsby.it

 

Per comprendere meglio la strategia italiana in materia di cambiamento climatico, è fondamentale analizzare il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Questo documento, composto da quasi 500 pagine, sintetizza gli obiettivi e le strategie dell’Italia per ridurre le emissioni di gas serra e affrontare la transizione energetica. Tuttavia, il PNIEC nella sua ultima versione, aggiornata nel 2023, presenta molteplici criticità, come evidenziato da ECCO, un think tank indipendente che analizza le politiche di transizione energetica.

Il piano affronta temi trasversali, come la produzione di energia, i trasporti, l’efficienza energetica degli edifici e le implicazioni sociali della transizione. Nonostante la sua ampiezza, il documento è stato giudicato carente in vari aspetti chiave.

Ad esempio, per quanto riguarda i trasporti, il PNIEC punta sulla riduzione delle emissioni del trasporto merci attraverso l’uso di biocarburanti come il biodiesel. Tuttavia, ECCO sottolinea la necessità di valutare gli effetti di questa strategia nei paesi africani coinvolti, come il Kenya e la Repubblica del Congo, per evitare conseguenze negative, come l’incremento della deforestazione.

Un altro ambito critico riguarda la mobilità privata. Il piano prevede che entro il 2030 circoleranno in Italia 4,3 milioni di auto elettriche e 2,3 milioni di auto ibride, ma manca una strategia chiara per ridurre il numero di veicoli a benzina e diesel, che rappresentano la maggioranza dei circa 40 milioni di auto attualmente in uso. Al momento, il nostro paese è in ritardo rispetto agli obiettivi per la mobilità elettrica, principalmente a causa della carenza di stazioni di ricarica.

Attualmente, in Italia ci sono meno di 22.000 punti di ricarica, distribuiti in modo disomogeneo. Regioni come Valle d’Aosta, Molise, Basilicata e Calabria sono particolarmente penalizzate, con un numero molto basso di infrastrutture per supportare la diffusione delle auto elettriche. Nonostante il PNIEC preveda l’installazione di quasi 21.000 nuove stazioni di ricarica entro la fine dell’anno, ECCO segnala un “grave ritardo” nei lavori. Inoltre, manca una politica industriale per favorire la produzione di auto elettriche economiche, un aspetto che avrebbe potuto trarre ispirazione dai modelli di Cina e Stati Uniti.

L’attuale sistema energetico italiano dipende ancora in larga parte dal gas naturale, che rappresenta circa il 43% della produzione energetica. Tuttavia, secondo una simulazione di ECCO, l’Italia potrebbe soddisfare l’intero fabbisogno energetico nazionale con sole fonti rinnovabili entro il 2035, a patto di sviluppare adeguate infrastrutture per la produzione e lo stoccaggio dell’energia. Al momento, le energie rinnovabili coprono il 46% della produzione energetica, ma ci sono ancora ampi margini di crescita, in particolare per il solare e l’eolico, sia terrestre che offshore.

L’eolico marino è un settore ancora poco sviluppato in Italia: il primo impianto offshore è stato inaugurato solo nel 2022, ma potrebbe diventare un pilastro strategico entro il 2030, soprattutto per rilanciare l’industria portuale del Sud Italia. Tuttavia, uno dei principali ostacoli alla transizione energetica è rappresentato dalla lentezza nel rilascio delle autorizzazioni per nuovi impianti di energia rinnovabile. Il decreto-legge sulle aree idonee, emanato nel 2023, lascia ampia discrezionalità alle regioni, il che potrebbe limitare significativamente lo sviluppo. Ad esempio, la Sardegna, che ha un grande potenziale per l’eolico, potrebbe classificare il 99% del territorio come non idoneo.

Nel frattempo, il governo continua a investire nelle infrastrutture legate al gas naturale e a concedere sussidi ai combustibili fossili, che nel 2022 hanno raggiunto quasi 60 miliardi di euro, pari al 2,8% del PIL. Questa strategia è stata giustificata dalla crisi energetica legata all’invasione russa dell’Ucraina, ma è considerata insostenibile a lungo termine, sia economicamente che ambientalmente.

La COP29 ha evidenziato l’importanza della finanza climatica, ossia il sostegno economico che i paesi ricchi devono fornire a quelli in via di sviluppo per affrontare il cambiamento climatico. Durante la COP28, l’Italia aveva promesso 100 milioni di euro per risarcire i danni causati dagli eventi climatici estremi nei paesi più vulnerabili. Tuttavia, dal 2015 a oggi, sono stati destinati solo 71 milioni di euro a progetti di adattamento climatico, evidenziando un netto squilibrio tra le promesse e le azioni concrete.

Secondo gli esperti, l’Italia è ancora lontana dagli standard necessari per rispettare gli obiettivi europei ed essere competitiva a livello globale. Per accelerare la transizione energetica, sarà fondamentale adottare politiche più ambiziose e coordinate, incentivando l’uso delle energie rinnovabili, la mobilità elettrica e una gestione più efficace delle risorse.

«Il gas naturale continua a fissare il prezzo dell’elettricità, che rimane alto e limita la competitività delle imprese italiane», spiega Luca Bergamaschi, direttore di ECCO. «Sostituire il gas con fonti rinnovabili, il cui costo di produzione è quasi nullo una volta avviati gli impianti, è la soluzione più economica e sostenibile».

La partecipazione dell’Italia alla COP29 e la revisione del PNIEC evidenziano luci e ombre nell’approccio del governo al cambiamento climatico. Da un lato, le promesse sembrano allinearsi agli obiettivi internazionali; dall’altro, l’attuazione pratica è ostacolata da ritardi burocratici, investimenti insufficienti e scelte contraddittorie.

Per giocare un ruolo da protagonista nella lotta globale al cambiamento climatico, sarà necessario superare queste criticità e puntare con decisione su una strategia sostenibile, capace di conciliare progresso economico e tutela ambientale. Solo così l’Italia potrà contribuire efficacemente a un futuro più verde e resiliente.

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