Secondo un importante sondaggio YouGov, il sostegno al sentimento populista in Europa è diminuito drasticamente negli ultimi tre anni. Con un numero nettamente inferiore di persone che concordano con le dichiarazioni chiave dei partiti di estrema destra.
Gli scienziati politici hanno affermato che gli ultimi risultati hanno mostrato “un chiaro modello di diminuzione del sostegno al populismo“. Tuttavia hanno aggiunto che i risultati potrebbero mascherare un grado più elevato di radicalizzazione tra gli elettori populisti. Identificando, tra i fattori scatenanti, anche la pandemia.
Il calo registrato in Europa
Il populismo è cresciuto rapidamente come forza politica negli ultimi anni. Con il sostegno ai partiti populisti nelle elezioni nazionali in tutta Europa che è passato dal 7% a oltre il 25% in 20 anni.
I leader populisti principalmente di estrema destra – Matteo Salvini in Italia, Marine Le Pen in Francia, Viktor Orbán in Ungheria o Jimmie Åkesson in Svezia – sono fioriti negli ultimi anni. E i partiti populisti sono, o sono stati, al governo in diversi paesi dell’UE. Tuttavia, la situazione sta cambiando.
In Italia, la percentuale di adulti che ha affermato di ritenere che “la volontà del popolo dovrebbe essere il principio più alto nella politica di questo Paese“, un principio populista chiave, è scesa dal 72% nel 2019 al 64% nel 2021.
Altri paesi dell’UE che mostrano lo stesso forte calo includono Francia, Germania, Danimarca,Spagna e Polonia.
Il sostegno all’idea che “il mio Paese è diviso tra la gente comune e le élite corrotte che li sfruttano” è sceso dal 65% al 54% in Italia. Segnando gli stessi valori anche nei restanti Paesi UE.
Il legame tra pandemia e populismo
Matthijs Rooduijn, sociologo politico dell’Università di Amsterdam ha affermato che il sondaggio ha mostrato “un chiaro calo” del sostegno alle idee populiste negli ultimi tre anni. E la ragione sarebbe da ricondurre, in parte, alla pandemia Covid.
La crisi del coronavirus si è rivelata una grande sfida per i partiti populisti su entrambe le sponde dell’Atlantico. Negli USA, ad esempio, le preoccupazioni per la pandemia di Covid-19 sono state il tallone d’Achille del nazional-populismo di Trump, soprattutto tra gli elettori moderati.
Nel Regno Unito, anche Boris Johnson ha pagato un prezzo politico per la sua gestione irregolare nei primi mesi della pandemia. La ripresa molto limitata della sua popolarità dal dicembre 2020 è in parte attribuibile a una campagna di vaccinazione di successo. Al tempo stesso riflette anche l’abbandono della demagogia populista da parte del Primo Ministro britannico e la sua adozione di uno stile Churchilliano in risposta a una situazione sanitaria in peggioramento.
In Italia, le forze populiste della Lega e del Movimento Cinque Stelle si sono spostate ulteriormente verso la normalizzazione politica unendosi al governo tecnico di Mario Draghi.
Tuttavia, la fiducia iniziale nella scienza, e, in una certa misura, nei governi, sta già scemando. Spingendo i gruppi di minoranza novax a diventare più estremi.
Nel lungo periodo, l’impatto della crisi sulla salute pubblica potrebbe essere avvertito anche nella legittimazione di alcuni temi e temi chiave dei populisti di destra. Le preoccupazioni per la pandemia hanno alimentato la domanda di protezione, sicurezza e una forte leadership. Al tempo stesso hanno anche portato a galla le questioni populiste chiave dei confini, della sovranità e della protezione degli interessi nazionali.
Infine, aggravata dalle conseguenze del cambiamento climatico e dall’esplosione della povertà estrema nei paesi più fragili, la pandemia rischia di intensificare in futuro i flussi migratori. Con la possibilità di riportare l’immigrazione al centro dell’agenda politica, a vantaggio dei populisti.