Matteo Renzi, leader di Italia Viva, era stato chiaro: “Se dobbiamo eleggere il capo dei servizi segreti alla presidenza della Repubblica, io rivendico di essere minoranza. Noi non la voteremo”. Il 29 gennaio, a poche ore dalla rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, uno dei nomi più gettonati per la corsa Colle era infatti quello di Elisabetta Belloni, 63 anni, oggi al vertice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza.
Il Dis, in estrema sintesi, è l’organo che vigila sulle attività di Aise e Aisi, i servizi segreti italiani esterni e interni. Ma quello della Belloni è stato anche il nome che ha rischiato di mandare in frantumi la maggioranza di governo. A partire dallo stesso Renzi: “In una democrazia che rispetti i canoni, i criteri, le regole, il capo dei servizi segreti in carica non diventa Presidente della Repubblica”, ha ammonito l’ex premier.
“Questo accade – ha aggiunto – in Paesi che democratici non sono o che non sono pienamente democratici”. Eppure, come riportano le cronache dei giorni successivi, Elisabetta Belloni è stata davvero a un passo dal Colle. Erano infatti pronta a votarla sia la Lega sia il Movimento 5 Stelle, i quali parlavano di un accordo praticamente fatto anche con il Partito democratico.
Dal canto loro, però, i dem hanno negato questa ricostruzione nelle ore successive alla rielezione di Mattarella, smentendo anche la ricostruzione di alcune chat fra parlamentari pronti a sostenere la direttrice generale del Dis in Aula. Tanto che ora una corrente interna del partito – gli ex renziani – propongono di votare una norma che renda incompatibile i vertici dell’intelligence con le alte cariche istituzionali.
Ma è veramente anti democratico se un direttore dei servizi segreti diventa Capo dello Stato? La risposta è sì secondo Enrico Borghi, responsabile sicurezza del Pd e membro del Copasir. “Questa vicenda fa emergere un baco del sistema: per le note vicende storiche la legislazione sui servizi è stata costruita con la paura che fosse la politica ad usare i servizi”, ha spiegato all’Adnkronos.
“Pertanto – ha aggiunto – nessun politico, neanche un consigliere comunale può essere utilizzato come fonte, confidente, consulente dei servizi segreti, tantomeno può esserne un dipendente. Ma non c’è il contrario. Non c’è una norma che impedisce al capo dei servizi di essere eletto. Perché? Perché non si è mai posta la questione nella storia della Repubblica”.
Secondo Borghi, infatti, questa circostanza “rientra in una logica di naturale separazione dei poteri in un regime liberale e il legislatore non si è mai sentito in dovere di introdurre in via specifica un divieto”. Per questo ha auspicato che sul punto si agisca con un “intervento legislativo”. Per il membro della segreteria dem, infatti, non è da escludere che, “avviata una prassi simile, in futuro si verifichino casi simili per altri livelli istituzionali”.
Infine, la stoccata agli alleati di governo: “La vicenda insegna innanzitutto che c’è un problema di cultura istituzionale in alcuni partiti. Fortunatamente vi sono ancora degli anticorpi che hanno agito in questa vicenda. L’Italia non è l’Egitto, con tutto il rispetto per l’Egitto, dove il capo dei servizi è diventato presidente. Ma questi anticorpi senza vaccino, cioè la legge, rischiano di perdere efficacia”.
Di segno opposto è invece chi ricorda che anche in Paesi che si fregiano di essere degli “esportatori di democrazia” come gli Usa si è vissuta una situazione analoga. E cioè quando George H. W. Bush, a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, è passato dalla Cia alla vicepresidenza degli Stati Uniti al fianco di Ronald Reagan. Per poi diventare presidente nel 1989.
La differenza, però, è sostanziale. Perché la Cia ha un ruolo effettivo nel coordinamento delle attività d’intelligence. Il Dis, invece, ha un compito di vigilanza sulle agenzie, formando insieme al Copasir e al Cisr il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Al cui vertice vi è, dal 2007, il presidente del Consiglio dei ministri in carica. E cioè Mario Draghi, altro nome a lungo in corsa per il Colle. Il resto è storia.
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