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POLITICA

Via libera al voto ai 18enni per il Senato: perché non si poteva?

Il Senato della Repubblica italiana ha approvato oggi la riforma costituzionale che attribuisce ai 18enni il diritto di voto per eleggere i senatori. Con questo voto il Parlamento ha dato il via libera definitivo al testo della riforma, che sarà promulgato tra tre mesi per consentire di chiedere il referendum confermativo. Alla Camera, infatti, erano mancati i due terzi dei voti favorevoli.

Ok al voto ai 18enni per il Senato con 178 sì

A Palazzo Madama hanno votato a favore della riforma 178 senatori. I voti contrari sono stati 15 e in 30 si sono astenuti. Questa riforma entrerà in vigore dalle prossime elezioni politiche e farà si, come ha spiegato il relatore Dario Parrini, presidente della Commissione Affari costituzionali, che le due Camere abbiano la stessa base elettorale e quindi che in esse vi siano le stesse maggioranze politiche.

La soddisfazione dei dem Malpezzi e Parrini

Sono quasi quattro milioni i giovani, tra i 18 e i 24 anni, che saranno coinvolti in questa modifica costituzionale acquisendo l’elettorato attivo per il Senato. Una riforma salutata con favore dalla maggioranza. La presidente dei senatori del Partito Democratico, Simona Malpezzi, ha infatti parlato di un “segno di centralità del Parlamento”.

Il relatore Parrini ha invece detto che questa norma “era attesa da tanto, ma ora l’attesa è terminata”. Infatti, “se ne discuteva in Parlamento da quando nel marzo 1975 la Legge 39 abbassò la maggiore età da 21 a 18 anni”. Ma ora, ha ribadito il senatore dem, non ci saranno più cittadini di serie B. Favorevoli anche esponenti del Movimento 5 Stelle come Vincenzo Santangelo, per il quale è stato “eliminato un limite anacronistico”.

D’Incà (M5S): “Ci allineiamo agli altri Paesi Ue”

Secondo il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, “si favorisce così la partecipazione delle nuove generazioni alla vita politica, obiettivo che da sempre il M5S persegue”. E, ha ricordato, “ci si allinea agli altri Paesi europei.

“La legge sarà ora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale – ha aggiunto il ministro – ed entro tre mesi un quinto dei parlamentari di ciascuna Camera, cinque Consigli regionali o 500mila elettori potranno richiedere l’eventuale referendum. In mancanza della richiesta, la legge entrerà in vigore entro la fine dell’anno”.

Forza Italia: “Contrari, no alla politica dei like”

Si è detto invece contrario al voto ai 18enni per il Senato il gruppo di Forza Italia. Che, ha detto in aula il vicepresidente vicario dei senatori forzisti, Lucio Malan, “non si assocerà al coro pressoché unanime in favore di questa riforma”.

“Noi abbiamo grande rispetto per i giovani ma anche per la serietà e i giovani non ci chiedono di votare per il Senato. Chiedono invece serietà, più opportunità e meglio di altri respingono la politica dei like, di cui questa riforma è chiara espressione”, ha concluso.

Camera-Senato: perché le differenze d’età?

Ma perché finora i cittadini con meno di 25 anni non potevano votare per l’elezione del Senato? Il motivo è da rintracciare nel periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda guerra mondiale. Prima del referendum monarchia-repubblica del 2 giugno 1946 è stato infatti introdotto il suffragio universale.

Potevano quindi recarsi alle urne tutti i cittadini, uomini e donne, che avessero compiuto 21 anni, che fino al 1975 ha rappresentato la soglia per la maggiore età. Mentre per essere eletti all’Assemblea Costituente il requisito era il raggiungimento del 25esimo anno d’età.

Il voto ai maggiorenni nella Costituzione

Questi principi sono poi entrati nella nascitura Costituzione dell’1 gennaio 1948 – con gli articoli 38, 56 e 58 – mantenendo un differente requisito anagrafico sia per eleggere che per candidarsi. E cioè la maggiore età (21 anni) per votare un deputato e 25 anni per un senatore.

Mentre per essere eletti bisogna avere almeno 25 anni per Montecitorio e 40 per Palazzo Madama. Nel 1975, con l’abbassamento della soglia della maggiore età da 21 a 18 anni, è stato infine deciso di mantenere le due soglie distinte per l’elettorato passivo dei due rami del Parlamento.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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