Semestre bianco: ufficialmente
al via la lunga corsa al Quirinale

È ufficiale: siamo entrati nel semestre bianco. Da tempo ormai se ne parlava e quel giorno è “finalmente” arrivato. Da qui ai prossimi (almeno) sei mesi la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica non potranno essere sciolti. Non si andrà a elezioni anticipate. Sarà il Parlamento attualmente in carica a scegliere il prossimo Capo dello Stato. Per un bizzarro scrupolo, da oggi Sergio Mattarella si ritroverà (politicamente parlando) con le mani legate. Cascasse il mondo, questa legislatura parlamentare non verrà bruscamente interrotta fino a febbraio. La domanda d’obbligo, a questo punto, è: senza alcuna possibilità di andare al voto politico nazionale fino ad almeno la prossima primavera, che cosa succederà nei prossimi 184 giorni?

Semestre bianco: la sua origine nella nostra Costituzione

Partiamo dal principio: che cosa intendiamo esattamente per “semestre bianco” e quando è nato questo concetto istituzionalmente? Il Titolo II della nostra Costituzione Repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, parla espressamente dei ruoli del Presidente della Repubblica. E in particolare modo, l’articolo della Carta che spiega questa espressione è l’88.

“Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”.

Ecco qua il punto. Sergio Mattarella si è insediato al Palazzo del Quirinale il 3 febbraio 2015. Il mandato presidenziale dura 7 anni e, con oggi, tocca quota 6 e mezzo. Quindi, siccome non siamo entrati contemporaneamente negli ultimi sei mesi della legislatura (scadrà costituzionalmente il 23 marzo 2023), non può esserci una sola motivazione più che valida per la quale Mattarella possa mettere la parola “fine” a questo Parlamento e indire nuove elezioni. Nemmeno se dovesse scoppiare la crisi di governo più disastrosa di questo mondo. Ed ecco che gli scenari sarebbero veramente imprevedibili. Incluso quello del “governo militare” in qualche modo invocato (seppure come provocazione) da Marcello Sorgi.

Come saranno gestiti politicamente i prossimi sei mesi?

Gli anglosassoni parlerebbero di “worst case”. In questo inizio di semestre bianco non si può minimamente escludere il “caso peggiore”. Del resto 75 anni fa ai padri costituenti era venuto il dubbio che qualche Presidente della Repubblica particolarmente perfido, pur di farsi rieleggere, potesse arrivare al punto di esercitare pressioni sul Parlamento e addirittura mandarlo a casa nella speranza che quello nuovo fosse a lui più amico. Sembrano contorsioni mentali. Anzi: lo sono. Tanto che già nei primi anni Sessanta l’allora Capo dello Stato Antonio Segni aveva lanciato una proposta di buonsenso: chiariamo nella Costituzione che un Presidente non possa essere eletto una seconda volta, però perlomeno lasciamogli la facoltà di sciogliere le Camere nello sciagurato caso di una crisi senza sbocco.

Semestre bianco: il disastro (potenziale) di perdere i soldi del Pnrr

Ma al ‘vecchio’ Segni nessuno diede retta. Cosicché, a partire da oggi, ci ritroveremo in una situazione “rischiosa”: se qualcuno facesse cadere Mario Draghi e non si formasse una maggioranza alternativa, a Sergio Mattarella non resterebbe altro che allargare le braccia. Impotente quanto potrebbe essere un professore nell’ora della ricreazione. E per giunta, potremmo aggiungere malignamente, in una classe di ripetenti. Per sbloccare l’impasse del semestre bianco dovremmo attendere l’elezione del suo successore. E non si esclude che egli stesso possa essere riconfermato al Colle, nonostante abbia più volte smentito questo scenario. Né che possa addirittura dimettersi in anticipo per evitare inutili agonie tra Parlamento e Governo. Nel frattempo, però, resteremmo mesi e mesi senza governo, col Parlamento bloccato, nell’impossibilità di approvare leggi o riforme e, dunque, con tanti saluti ai miliardi del Recovery Plan. Una catastrofe per ‘colpa’ di quel dannatissimo articolo 88 comma 2 della nostra amata Costituzione.

Le altri incredibili stravaganze per salire al Quirinale

Purtroppo, non è l’unica stravaganza di questa corsa al Colle. Per esempio, nemmeno si sa esattamente quando verrà eletto il tredicesimo Presidente della Repubblica. La data è ballerina. L’articolo 85 si limita a stabilire che “trenta giorni prima” della scadenza il presidente della Camera “convoca” il Parlamento in seduta comune e, in aggiunta, i delegati regionali. Tutti insieme eleggeranno il nuovo capo dello Stato. Dopodiché non è chiaro se nei trenta giorni antecedenti la fine del settennato le Camere dovranno per forza riunirsi o sarà sufficiente che Roberto Fico imbuchi la lettera di convocazione. È probabile, comunque, che la prima votazione sul successore di Mattarella verrà a cadere verso la metà di gennaio.

Non si potrà tirarla troppo per le lunghe con un interminabile rosario di votazioni a vuoto, in quanto c’è un’altra scadenza da tenere a mente: la sera del 2 febbraio 2022 Mattarella concluderà il mandato. Se nel frattempo il successore non fosse stato eletto (per colpa delle liti politiche, dei “franchi tiratori” o quant’altro), nessuno ha la più pallida idea di cosa diavolo potrebbe accadere. In questo caso la Costituzione non dice niente. Per cui, in presenza di questo “vulnus”, qualcuno ipotizza che Mattarella resterebbe provvisoriamente al suo posto in regime di “prorogatio”. Altri lo escludono nella maniera più assoluta e ritengono che a controfirmare eventuali decreti legge o altri provvedimenti urgenti dovrebbe essere la presidente Casellati, seconda carica dello Stato. Nella patria degli azzeccagarbugli c’è addirittura chi ipotizza un intervento della Corte costituzionale per sciogliere il nodo.

I ‘papabili’: Draghi o Mattarella bis. Ma alla fine non sarà così scontato

Certo, a sciogliere tutti i nodi ci potrebbe pensare Sergio Mattarella stesso, se accettasse di concedere il (seppur breve) bis al Quirinale nel caso tutti i partiti glielo chiedessero in ginocchio. Anche perché, per il momento, c’è solo un altro nome in campo come futuro Presidente della Repubblica: Mario Draghi. La legge non lascia dubbi su cosa potrebbe accadere qualora al Quirinale venisse eletto l’attuale presidente del Consiglio. In attesa di conoscere la sorte del suo governo, al suo posto andrebbe il vice. Ma dal momento che non ci sono vicepresidenti del Consiglio, la poltrona di Palazzo Chigi verrebbe occupata dal ministro più anziano. E chi è, nel governo in carica, il ministro più avanti con gli anni? Renato Brunetta, che il 26 maggio scorso ha spento 71 candeline. Insomma, se Draghi vincesse la corsa al Colle, Brunetta sarà il futuro capo del governo.

Attenzione, però, a dare tutto per scontato. Il nome di Draghi come Presidente della Repubblica è in circolo ormai da diversi anni. E se, per il Vaticano, vale il famoso motto per cui in conclave “chi entra Papa esce Cardinale”, lo stesso discorso vale per il Quirinale. Molto spesso (per non dire sempre) chi era il favorito annunciato da tutti non ha più visto la Presidenza della Repubblica nemmeno con il binocolo. Nomi come quelli di Nenni, Fanfani, De Martino, Andreotti, D’Alema, Marini, Prodi e (un po’ alla “Draghi maniera”) Mario Monti hanno spesso imperversato nel toto-Quirinale. Tutti, però, per un motivo o per un altro, sono stati impallinati. Per il febbraio 2022, quindi, una regola politica deve rimanere ferrea: occhio a essere sicuri che o ci sarà Draghi oppure resterà Mattarella. La corsa al Colle è appena cominciata e, fino all’ultimo, le sorprese saranno sempre dietro l’angolo.

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