Sabato 20 maggio, Eugenia Roccella, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità ha partecipato al Salone del Libro di Torino per presentare il volume “Una famiglia radicale”, incentrato sulle lotte per i diritti civili degli anni ’60, con un occhio più attento sul 1968, anno notoriamente cruciale per queste tematiche. Nonostante il suo passato all’interno del Partito Radicale e le sue battaglie a favore dell’emancipazione femminile, negli ultimi anni l’autrice ha assunto delle posizioni piuttosto diverse, che non sono state ben accolte dai movimenti femministi e dalle fasce più progressiste della popolazione. In particolare ha fatto parecchio discutere la sua apparente inversione di marcia nei confronti dell’aborto. Se in passato la ministra si era battuta per l’introduzione di una legge a favore dell’interruzione di gravidanza, negli scorsi mesi l’ha definita “purtroppo un diritto” e durante il suo intervento al Salone del Libro ha difeso i medici obiettori, dichiarando che le loro posizioni non rappresentano un ostacolo all’aborto. Queste dichiarazioni hanno spinto i presenti alla sua presentazione a contestarla.
Oltre ai normali visitatori, in mezzo al pubblico accorso per seguire la presentazione del libro c’erano anche degli attivisti di Extinction Rebellion e delle femministe di “Non una di meno”. Nelle ore successive alla contestazione, 29 di loro sono stati denunciati con l’accusa di violenza privata dalla Digos di Torino. Il Codice Penale spiega che il reato in questione è commesso da chiunque, con violenza e o minaccia, costringa “altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa”. La pena prevista è “la reclusione fino a quattro anni”. Per quanto la manifestazione di dissenso sia stata di sicuro rumorosa, sembra azzardato dire che gli attivisti abbiano impedito a Roccella di portare avanti la presentazione del suo libro. La ministra, a differenza di chi la contestava, aveva un microfono e, con un po’ di impegno, avrebbe potuto riportare l’attenzione sul periodo storico del quale ha scritto e che ha vissuto sulla propria pelle. Parlare del reato di violenza privata appare dunque esagerato, soprattutto perché non c’è stato nulla di antidemocratico nella natura della protesta.
Come ricordato da Nicola Lagioia, il direttore editoriale del Salone del Libro di Torino, “la contestazione fa parte della democrazia”. Ha anche definito la manifestazione di dissenso “legittima” e “pacifica”, per poi provare a invitare sul palco un rappresentante degli attivisti, così da intavolare un dialogo costruttivo con la ministra Roccella. Il tentativo di mediazione è caduto nel vuoto. “Mi sembrava che i contestatori non accettassero questo tipo di invito (anche qui: chi contesta, purché in modo non violento, decide come contestare)”, ha raccontato Lagioia su Facebook. Anche questa osservazione è corretta: in democrazia si può esprimere il proprio dissenso nella modalità che si reputa più opportuna, restando nei limiti della legalità.
La posizione neutra del direttore editoriale non è stata apprezzata dall’ex deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, che gli ha urlato: “Vergogna! Vergogna! Come fai a dire che questa è una contestazione legittima e pacifica?”. Anche Roccella ha commentato negativamente l’intervento di Lagioia: “Capisco che Lagioia sia uno scrittore, ma costruire una narrazione fantasy sulla realtà mi sembra un po’ eccessivo. Di fronte a un’aggressione subita e al mio invito al dialogo rivolto ai contestatori, il direttore del Salone non solo non trova il modo di dire che è poco democratico impedire agli altri di parlare, ma addirittura attacca coloro ai quali è stato impedito di esprimersi. No comment”.
Come prevedibile, molti esponenti della maggioranza hanno espresso la propria vicinanza alla ministra Roccella. Ignazio La Russa, il presidente del Senato ha parlato “dell’ennesimo atto antidemocratico che non può non trovare la mia ferma condanna e spero anche quella di tutte le forze politiche”. Anche la premier Giorgia Meloni ha espresso una posizione simile. In una nota ha definito la contestazione “inaccettabile e fuori da ogni logica democratica”. La presidente del Consiglio ha poi definito “altrettanto inaccettabile l’operazione dei soliti noti di capovolgere i fatti, distorcendo la realtà e giustificando il tentativo di impedire a un ministro della Repubblica di esprimere le proprie opinioni. Come al solito, chi pretende di darci lezioni di democrazia non conosce le regole basilari”.
Al centro, anche Carlo Calenda, segretario di Azione, e Matteo Renzi, leader di Italia Viva, si sono schierati al fianco di Roccella. “Impedire alla ministra Roccella di parlare significa negare i valori della cultura, del dialogo e del rispetto. Pasolini, che era un gigante, non parlava a caso di ‘fascismo degli antifascisti’”, ha dichiarato Renzi.
Opposta la posizione di Elly Schlein. “In una democrazia si deve mettere in conto che ci sia il dissenso”, ha osservato la segretaria del Partito Democratico (Pd) durante un intervento a In Onda. “Noi siamo per il confronto duro, acceso – ha aggiunto – È surreale che questo governo abbia dei problemi con ogni forma di dissenso”. Anche la deputata del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino ha dato ragione ai manifestanti. “La protesta non violenta è sempre legittima”, ha scritto l’ex sindaca di Torino. “Giustamente Nicola Lagioia è intervenuto per garantire alla ministra Roccella il suo diritto di parola, ma vedere una parlamentare come Augusta Montaruli inveire violentemente contro il Direttore del Salone del Libro di Torino è grave e inaccettabile. Chieda scusa”.
Per fugare eventuali dubbi sul tenore democratico di quanto avvenuto al Salone del Libro di Torino può essere utile ricordare cosa afferma la Costituzione a proposito delle contestazioni. Nell’articolo 2 si legge che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Anche il dissenso rientra tra i diritti democratici difesi dalla legge fondamentale dello Stato italiano. L’articolo 21, inoltre, evidenzia che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Si potrebbe obiettare osservando che i manifestanti abbiano impedito a Roccella di esercitare proprio questo diritto, ma non sarebbe corretto. Come accennato, la ministra avrebbe comunque potuto ignorare la manifestazione di dissenso e andare avanti lo stesso con la presentazione. Dopotutto spetta a chi regge il microfono gestire le reazioni del pubblico e riportare il discorso sui giusti binari. Inoltre, è opportuno ricordare che i presenti conoscevano già le posizioni di Roccella, ribadite più volte nel corso di varie interviste. La sua posizione istituzionale le offre innumerevoli opportunità per far sentire la sua voce, mentre gli attivisti hanno molte meno chance di far arrivare il loro dissenso alle sue orecchie.
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