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“Si parla di questa norma da vent’anni: l’abbiamo scritta nero su bianco. Un magistrato che entra in politica e viene eletto non potrà mai più esercitare il suo ruolo“. Così il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, annunciando uno dei punti cardine della riforma del Csm approvata dal Consiglio dei ministri.
“Finalmente si scrive nero su bianco una norma di cui si parla da almeno 20 anni. Il magistrato che entra in politica, ed è assolutamente libero di farlo, una volta eletto ha perso quel requisito di terzietà, che è necessario per svolgere le funzioni giudicati e requirenti. Per questo, il magistrato che viene eletto in politica non potrà più tornare alla magistratura a vita“, spiega Bonafede.
E ancora: “Al momento della candidatura, il magistrato non può candidarsi nel territorio in cui ha svolto la propria attività negli ultimi due anni. Deve entrare in aspettativa obbligatoria in caso di candidatura. Qualora si candidi e non venga eletto, poiché si trova comunque in una competizione elettorale, non può esercitare le funzioni di magistrato nei tre anni successivi. Questo né nel territorio in cui si è candidato, né in quello in cui stava esercitando la propria funzione. Inoltre, negli altri territori in cui potrà esercitare le proprie funzioni, non potrà fare il pm, né il giudice per le indagini preliminari“, conclude il guardasigilli a proposito della riforma del Csm.
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