Il secondo siluro di giornata Italia Viva lo lancia da Milano e lo fa, anche questa volta, mettendoci lo zampino in una querelle infuocata forse ancor di più di quanto la discussione sul caso Open Arms già lo fosse.
Patrizia Baffi è stata eletta alla presidenza della Commissione di inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Lombardia: dovrà, dunque, gestire le operazioni che, a livello politico, mirano a far luce sulle eventuali responsabilità dei vari amministratori, in primis il governatore Fontana e l’assessore Gallera, durante i due mesi di estrema sofferenza che hanno condotto alle attuali 15.876 vittime nel solo territorio lombardo.
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Andiamo con ordine.
Nella mattinata romana, più precisamente in Giunta per le immunità al Senato, i renziani lanciano la prima bomba di giornata: “Ci asterremo dal voto per l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini, per il caso dei 150 migranti a bordo della nave Open Arms”.
Scenario inaspettato. I renziani, così facendo, mandano in minoranza le forze di governo presenti in Giunta, già depauperate della loro potenza con i voti contrari della cinquestelle Alessandra Riccardi e dell’ex grillino Mario Giarrusso. Il 13 a 7 finale è una logica conseguenza delle intenzioni di voto esplicitate poco prima, con Italia Viva che, seppur non determinante ai fini dell’esito della votazione, invia la prima staffilata del giorno al governo Conte. Dietro al garantismo sbandierato dai renziani, infatti, un monito all’Esecutivo dopo le smancerie scambiate in relazione al Decreto Rilancio e il sospiro di sollievo fatto tirare nel respingimento delle mozioni di sfiducia proposte dal centrodestra e da Emma Bonino sul ministro alla Giustizia, Alfonso Bonafede.
Non solo. Renzi e i suoi, con la semplice astensione dei tre senatori interni alla Giunta, rivelano la fragilità del Movimento Cinquestelle, nuovamente alle prese con i propri dissidenti: il voltafaccia della Riccardi è l’ennesimo episodio del mancato rispetto dei suoi eletti agli ordini del partito, tanto che la stessa senatrice si ritroverà poco dopo a rispondere di un’eventuale espulsione dal movimento.
Ma a fare forse più scalpore in questo lungo martedì di fine maggio, è la polemica votazione che, a Milano, porta alla guida della Commissione d’inchiesta sulla sanità lombarda Patrizia Baffi, consigliera di minoranza in regione e da poco passata sotto le effigi di Italia Viva (ma nel Gruppo Misto al Pirellone). Nessun voto da parte delle forze di opposizione, acclamazione da quelle di maggioranza, ed ecco che la frittata è servita.
Ancora una volta, e in questo caso senza nemmeno occupare il parlamento regionale (IV ancora non era nata alle ultime elezioni a Palazzo Lombardia), Renzi si dimostra ago della bilancia delle dinamiche politiche.
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Non che la storia della Commissione d’inchiesta sulla sanità lombarda fosse iniziata sotto i migliori auspici.
Originata dalle aspre polemiche e dalla tragicità delle morti nelle RSA del territorio, con il Pio Albergo Trivulzio tornato agli altari della cronaca per le decine di morti registrate causa Covid-19, la Commissione è stata da subito annunciata dal governatore Fontana come a manifestare la propria disponibilità e trasparenza nel far luce sulla vicenda (sulla quale già indagavano gli inquirenti) anche a livello politico. Sembrava una formalità quella di dover mettere d’accordo, per una volta, la politica regionale innanzi a un dramma che ancora stava sconquassando il Paese con la Lombardia in primis, ma ben presto le polemiche sulla “governance” della Commissione hanno avuto la meglio sull’urgenza di dare risposte ai familiari delle tante, troppe, vittime scomparse senza nemmeno un ultimo abbraccio ai propri cari o un rito funebre dignitoso.
Una figuraccia. Questa si è dimostrata ad oggi, e ancor prima di emettere il suo primo vagito, la Commissione d’inchiesta sulla sanità nella gestione dell’emergenza Coronavirus. Una figuraccia nella quale, al Pirellone, tutti hanno le loro responsabilità. La sfrontatezza delle forze di maggioranza, l’incapacità del Partito Democratico, l’inconsistenza del Movimento Cinquestelle. E anche Patrizia Baffi, che ora lamenta il fango che le viene gettato ma che – per stessa ammissione del coordinatore di Italia Viva, Ettore Rosato – dovrebbe fare un passo indietro dopo aver accettato un incarico “commissionatole” dalla maggioranza senza il minimo appoggio dalla “sua” minoranza. Proprio lei che si è affrettata ad eliminare un post su Instagram che la ritraeva con Attilio Fontana in una foto avente come didascalia un bel “Caro presidente, noi ci fidiamo di te, aiutaci a uscire da qui” con tanto di cuoricino finale. Più che un consiglio regionale, uno zuccherificio…
Si torna quindi laddove la giornata era cominciata, con Renzi e il suo partito ad influire pesantemente sulle sorti dell’attualità politica. Poco importano i sondaggi nazionali, poco importa che Italia Viva in Lombardia non abbia, nella forma ma evidentemente non nella sostanza, messo piede.
Quella stessa Lombardia che, lo sappiamo, vede il proprio governo dover far fronte a una durissima presa di posizione della stampa e dell’opinione pubblica, con l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, che negli ultimi giorni è letteralmente uscito dal seminato, cadendo in gaffe clamorose e perdendo il suo aplomb in controaccuse quantomeno discutibili verso i giornalisti e i colleghi degli altri partiti che ne chiedono la testa.
La sanità lombarda, qualora non lo si fosse capito, torna nuovamente a essere il tallone d’achille del governo lombardo di centrodestra, come lo è stato per Maroni, come lo era stato per Formigoni.
Sullo sfondo, due dimensioni sempre più distanti quando invece ci si sarebbe augurati di vederle lottare insieme verso la verità. Da una parte il can can politico, ricco di strategia, colpi di scena, arringhe e difese a oltranza; dall’altro le vittime e i loro familiari, con questi ultimi ritrovatisi loro malgrado a essere loro stessi vittime di una politica che, anche a livello locale, dà il peggio di sè.
Da un lato, vedremo la neo-presidente come gestirà l’arduo compito ma soprattutto come Matteo Renzi muoverà le pedine su un campo che sempre più gli sorride; dall’altro non resta che affidarci al buon operato della magistratura, nonostante i tempi che corrono non siano di certo forieri di buoni auspici nemmeno da quel lato.
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