Pd, chi sarà il prossimo segretario? Al via il “totonomi”

Le dimissioni di Nicola Zingaretti, arrivate come un fulmine a ciel sereno, hanno lasciato il Pd senza un segretario. Il partito, tuttavia, non resterà a lungo privo di una guida: già durante la prossima Assemblea, che si svolgerà il 13 e il 14 marzo, il vuoto lasciato dal governatore del Lazio potrebbe essere colmato. Tutto, naturalmente, dipenderà dalla capacità dei dem di trovare un accordo soddisfacente.

Cosa prevede lo statuto?

L’articolo 5 dello Statuto del Pd, dedicato alla figura del segretario, prevede che “qualora il segretario cessi dalla carica, prima del termine del suo mandato, l’Assemblea può eleggere un nuovo segretario per la parte restante del mandato ovvero determinare lo scioglimento anticipato dell’Assemblea stessa”. Qualora si optasse per la prima opzione, lo statuto prevede che “l’Assemblea può eleggere, con la maggioranza dei due terzi dei componenti, un nuovo Segretario per la parte restante del mandato. Nel caso in cui nessuna candidatura ottenga l’approvazione della predetta maggioranza, si procede a nuove elezioni per il segretario e l’assemblea”.

Chi sarà il prossimo segretario del Pd?

Al momento non è chiaro chi andrà a occupare la posizione lasciata vacante da Nicola Zingaretti. Alcuni nomi sembrano più probabili di altri, ma non è ancora emerso un “super-favorito” ed è pertanto impossibile escludere eventuali sorprese. Il “totonomi“, come prevedibile, è già iniziato da un po’ e sta regalando alcune ipotesi interessanti. Tra le donne, Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, Paola De Michele, Debora Serracchiani e Anna Ascani sono le più gettonate. Altre ipotesi prevedono il ritorno al timone di componenti storici del Pd, come Walter Veltroni o Pier Luigi Castagnetti.

Gli altri scenari

Non è neppure possibile escludere la possibilità che sia l’attuale vice segretario del partito, Andrea Orlando, a prendere il posto di Zingaretti. Dopotutto, una simile eventualità si è già verificata nel recente passato con Dario Franceschini e Maurizio Martina. Un ultimo scenario da prendere in considerazione riguarda l’eventualità in cui non si riesca a trovare un’intesa. In tal caso, lo Statuto concederebbe 30 giorni dalla formalizzazione delle dimissioni per convocare l’assemblea, che quindi potrebbe slittare fino ai primi di aprile.

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