È raro che i cambiamenti siano ben accettati da tutti, soprattutto all’interno di un partito che racchiude tante correnti diverse, come il Pd. In seguito alla vittoria delle primarie da parte di Elly Schlein, che ora ricopre il ruolo di segretaria, alcuni esponenti della forza politica hanno scelto di andarsene e unirsi a realtà più vicine alla loro visione del mondo. L’ultimo abbandono, almeno in ordine cronologico, è stato quello di Enrico Borghi, esponente del Pd dal 2013. Prima di lui se n’erano andati Giuseppe Fioroni, uno dei volti storici del partito, e Andrea Marcucci. Ma quali sono state le ragioni precise che li hanno spinti ad allontanarsi a un progetto politico al quale hanno dedicato anni della loro vita?
Nel corso di un’intervista a Repubblica, il 26 aprile Borghi ha annunciato la scelta di uscire dal Pd per unirsi a Italia Viva, partito fondato dall’ex segretario dem Matteo Renzi nel 2019. Il senatore ha motivato la sua scelta affermando che in seguito all’avvento di Schlein il Pd “è diventato la casa di una sinistra massimalista figlia della cancel culture americana che non fa sintesi e non dialoga”. Per Borghi la nuova segretaria “sostiene la narrazione di una politica anticapitalista e pauperista, ma ricordo che il sistema in cui viviamo, quello occidentale, è l’unico che mette insieme democrazia, politica sociale e diritti”. Ha scelto di unirsi a Italia Viva perché crede “in un nuovo progetto riformista alternativo alla destra e distinto da questo Pd”.
Borghi ha anche spiegato di aver scoperto che Schlein sarebbe favorevole alla maternità surrogata, posizione nel quale il senatore ha ravvisato “un percorso di omologazione culturale, dettata da poteri esterni, che parla di deboli e poi agevole lo sfruttamento proprio dei più deboli”. Si è poi concentrato sui problemi insiti nell’assistenzialismo. “L’orizzonte di vita che vogliamo organizzare per l’Italia è quello di uno stato mamma, che fa assistenza e debito, oppure cerchiamo di mettere insieme produttività e giustizia sociale? Ma ci rendiamo conto che Schlein non parla più di imprese, di professioni e partite Iva?”
Il primo ad abbandonare la nave dopo il cambio ai vertici è stato Giuseppe Fioroni. Dal suo punto di vista, la vittoria di Schlein ha portato il Pd maggiormente a sinistra e ha rappresentato la fine di un ciclo politico, di fronte alla quale lui non ha potuto fare altro che prendere atto della marginalizzazione dell’esperienza popolare e cattolico democratica. “Schlein ha detto ‘Bonaccini fa persino le iniziative con Fioroni…’, che spazio può esserci per noi?”. Parlando a Tg2000, Fioroni ha aggiunto che il Pd di Schlein “è diverso da quello che avevamo fondato che metteva insieme culture politiche diverse dalla sinistra al centro, con i cattolici democratici, i popolari e la Margherita. Oggi legittimamente diventa un partito di sinistra che nulla ha a che fare con la nostra storia, con i nostri valori e la nostra tradizione”.
Anche Andrea Marcucci non ha apprezzato la ventata di novità portata dalla vittoria di Schlein, tanto da scegliere di non rinnovare l’iscrizione al Pd. “Mi pare che le anime liberaldemocratiche e popolari siano già state confinate in retroguardia” ha osservato. “Nel contempo non si può dire che con Elly Schlein abbia trionfato un’identità socialdemocratica, a ora mi sembra più un patchwork da assemblea studentesca. Con la sua vittoria, è apparso a tutti quanto sarebbe stata difficile la mia permanenza nel Pd. Non sono abituato a travestirmi: sono un liberaldemocratico, non cambio idea. Nessuno può sostenere che il Pd di oggi sia lo stesso di quando è nato, al Lingotto”. Marucci ha quindi annunciato la sua adesione ai Liberali Democratici Europei “con lo spirito di favorire l’obiettivo più razionale da raggiungere: una federazione ampia e inclusiva, che nasca dai territori in modo democratico. Italia Viva, +Europa, la galassia di Beppe Fioroni, Lde, se vorrà certamente Azione, possono costituire quella presenza liberale ed europeista che in Italia nessuno rappresenta”.
Marucci ritiene che “all’Italia serva una forza politica che si batta per far ripartire l’ascensore sociale, garantire ai giovani un futuro con più uguaglianza, consapevole che il sostegno alle imprese sia l’unica via per migliorare stipendi e qualità della vita delle persone. Tutti obiettivi che il ‘nuovo’ Pd ha sacrificato, in nome di un ribellismo non meglio identificato”.
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