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POLITICA

Nomine Ue, l’intesa sui vertici è stata rinviata. Von der Leyen resta la favorita

Frizioni tra Popolari e Socialisti, la voglia di influire di Meloni e l’Ecr, il nodo Orbán: tutto rimandato per le nomine a Bruxelles al 27 e 28 giugno, con diverte partite aperte sul tavolo

Nella serata di lunedì 17 giugno, Bruxelles è stata teatro di un’impasse politica significativa. L’incontro del Consiglio Europeo, convocato per decidere le nomine alle più alte cariche dell’Unione Europea, si è concluso senza un accordo. La seduta è stata aggiornata al 27 e 28 giugno, lasciando in sospeso nomine cruciali come quella del Presidente della Commissione Europea. La mancata conferma di Ursula von der Leyen ne è un esempio emblematico, riflettendo un clima di incertezza e divisione.

Le proposte in campo e le divergenze

Durante l’incontro informale del Consiglio Europeo, le posizioni dei vari schieramenti politici sono emerse con chiarezza. Il Partito Popolare Europeo (PPE) ha ribadito la volontà di riconfermare Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione e di nominare Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento. Inoltre, il PPE ha proposto una divisione della presidenza del Consiglio Europeo con i Socialisti e Democratici (S&D): due anni e mezzo all’ex primo ministro portoghese, António Costa, seguiti da un rappresentante del PPE per il restante mandato. Tuttavia, questa proposta è stata respinta dai socialisti, che rivendicano il loro turno di elezione per questa carica.

La reazione di Giorgia Meloni

L’Italia ha giocato un ruolo particolare nelle trattative. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha espresso disappunto per il metodo adottato nei negoziati, definendolo “sbagliato” e criticando la mancanza di concertazione. La preoccupazione principale di Meloni riguarda le deleghe di politica estera, che potrebbero essere assegnate ai Baltici, con Kaja Kallas, prima ministra estone, designata come Alto Rappresentante. Questo sposterebbe l’attenzione geopolitica troppo verso l’est del continente, secondo Meloni.

Le manovre politiche e i dietro le quinte

Dietro le quinte del Consiglio Europeo, si svolgono complesse manovre politiche che coinvolgono la composizione dei gruppi parlamentari e la distribuzione dei seggi. Donald Tusk, negoziatore per il PPE, ha mostrato sicurezza dichiarando che i voti di Meloni non sono necessari, poiché la maggioranza tradizionale composta da PPE, PSE e Liberali è sufficiente. Questo scenario apre una nuova partita per Meloni, che mira a guadagnare altri deputati per il suo gruppo ECR (Conservatori e Riformisti Europei) per superare i liberali e aumentare la sua influenza.

Il nodo Orbán

Un altro elemento di tensione è rappresentato dall’eventuale ingresso di Viktor Orbán nell’ECR. La figura controversa del premier ungherese è vista come impresentabile da diverse componenti dell’ECR, il che potrebbe causare una frattura interna se venisse accettato. Questo scenario riflette le delicate equazioni politiche necessarie per mantenere l’unità tra i diversi gruppi all’interno del Parlamento Europeo.

Il resto d’Europa

Anche gli altri leader europei hanno espresso le loro riserve. Olaf Scholz, cancelliere tedesco, e Pedro Sanchez, primo ministro spagnolo, entrambi socialisti, hanno sostenuto il blocco contro l’ECR e la posizione di Meloni, ma sono emerse divergenze anche all’interno del loro campo. La proposta di dare solo due anni e mezzo di mandato a Costa, per poi passare la presidenza del Consiglio Europeo a un popolare, è stata considerata inaccettabile dai socialisti. Inoltre, la possibile nomina di Kaja Kallas come Alto Rappresentante ha suscitato dubbi, vista come un’ulteriore mossa del PPE per dominare le principali cariche dell’UE.

Le conseguenze del blocco

La situazione di stallo ha lasciato Von der Leyen come candidata unica per la presidenza della Commissione, ma la sua posizione è precaria. Per essere confermata, dovrà ottenere la maggioranza assoluta dei voti (361 su 705 deputati) nel Parlamento Europeo. Sebbene la coalizione PPE-PSE-Renew conti teoricamente oltre 400 deputati, l’elevato numero di franchi tiratori potrebbe complicare il raggiungimento della maggioranza necessaria. Von der Leyen potrebbe cercare il supporto di piccoli gruppi di deputati indipendenti, ma questo comporta rischi notevoli.

Giorgia Meloni | ANSA/ Claudio Lattanzio – Newsby.it

Le mosse di Meloni e Verdi

In questo contesto, Giorgia Meloni ha ritirato la sua disponibilità a sostenere il pacchetto di nomine, lamentando la mancanza di coinvolgimento nei negoziati e il mancato riconoscimento politico. Al contrario, i Verdi si sono dichiarati pronti a sostenere Ursula von der Leyen, ma il PPE ha posto un veto su questo appoggio, complicando ulteriormente il quadro.

Per Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e dell’ECR, la partita è particolarmente complessa. Il suo obiettivo di aumentare il peso del suo gruppo nel Parlamento Europeo si scontra con le dinamiche interne degli altri gruppi. La possibilità di assorbire deputati da altri partiti, come i liberali olandesi del VVD, potrebbe cambiare gli equilibri, ma comporta anche rischi e resistenze.

I calcoli politici di Meloni si intrecciano con quelli degli altri leader europei, in un gioco di alleanze e rivalità che riflette la complessità della politica europea. La sua posizione critica nei confronti del metodo adottato per le nomine e la sua volontà di rivedere le deleghe di politica estera mostrano una strategia mirata a rafforzare la sua influenza, ma anche a rappresentare gli interessi italiani in modo più incisivo.

Prospettive future

Il prossimo incontro del Consiglio Europeo, fissato per il 27 e 28 giugno, sarà decisivo per risolvere l’impasse. Tuttavia, le prospettive appaiono meno agevoli del previsto. Le tensioni tra i vari gruppi politici e le divergenze interne rendono il processo decisionale complesso e incerto. Il ruolo del governo italiano, schiacciato tra le pressioni della destra sovranista e le dinamiche interne all’UE, rappresenta un ulteriore elemento di instabilità.

Il blocco delle nomine non è solo una questione di poltrone, ma riflette divergenze profonde sulle direzioni politiche future dell’Unione Europea. La lotta per il potere tra PPE, S&D, Liberali e altri gruppi come ECR e i Verdi mostra quanto sia frammentato il panorama politico europeo. L’equilibrio delle forze è delicato e qualsiasi movimento potrebbe avere ripercussioni significative.

Le implicazioni per la politica europea

Questo stallo politico mette in evidenza le sfide che l’Unione Europea deve affrontare nel cercare di mantenere una coesione tra i suoi stati membri. Le divergenze tra i vari gruppi politici non sono solo una questione di potere, ma riflettono anche visioni diverse sul futuro dell’Europa. La nomina delle alte cariche dell’UE è fondamentale non solo per la gestione delle politiche interne, ma anche per il ruolo dell’Europa sulla scena globale.

L’incapacità di raggiungere un accordo rapido potrebbe indebolire l’UE in un momento in cui è cruciale mostrare unità e determinazione, soprattutto in un contesto globale sempre più competitivo e instabile. La capacità di negoziare e trovare compromessi sarà essenziale per superare questo stallo e procedere verso una governance europea più efficace e rappresentativa.

Andrea Zoccolan

Nato a Milano nel 1990, mi sono occupato per circa dieci anni di giornalismo e comunicazione in ambito sportivo, per poi passare alla cronaca. Innamorato delle inquadrature di Yorgos Lanthimos, dei libri di Emmanuel Carrère e delle geometrie di Thiago Motta, la mia vera debolezza resta la cucina cinese.

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