Vista da Roma e da Bruxelles l’intesa con la Tunisia sembrava cosa fatta. E invece ieri è arrivata la doccia fredda. Il presidente Kais Saied rifiuta i fondi che l’Unione europea gli ha offerto solo pochi mesi fa, come parte del memorandum di intesa, per fermare le partenze dei migranti. “Il nostro Paese e la nostra gente non vogliono pietà, ma esigono rispetto”, si legge in un comunicato diffuso in serata.
“La Tunisia respinge quanto annunciato nei giorni scorsi dall’Ue, non per l’importo in questione, perché tutta la ricchezza del mondo non vale un grammo della nostra sovranità, ma perché la proposta contraddice il memorandum d’intesa firmato a Tunisi nello spirito che ha prevalso alla conferenza di Roma dello scorso luglio”.
Saied ha assicurato che il Paese “sta facendo tutto il possibile per smantellare le reti criminali dedite al tratta di esseri umani e al traffico di organi”. Le difficoltà che spingono tante persone a tentare la traversata, ha scritto, sono da imputare a “un sistema globale in cui mancano giustizia e rispetto per la dignità umana”.
Dopo mesi di trattative e tre viaggi in Tunisia in poco più di un mese, nel luglio scorso era arrivata la firma del memorandum “per una partnership strategica e globale” fra l’Ue e il Paese nordafricano. Da un lato l’uomo forte di Tunisi e dall’altro il “Team Europe”, composto dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, dalla premier Giorgia Meloni e dal primo ministro olandese Mark Rutte.
L’intesa nel complesso prevedere lo stanziamento di oltre un miliardo di euro complessivi: oltre ai 105 milioni di euro per il controllo delle coste, 150 milioni di euro da iniettare nel bilancio, a sostegno delle finanze dissestate del Paese a rischio default, e 900 milioni di euro di assistenza macro-economica.
La parte più sostanziosa dell’intesa è però subordinata a un accordo con il Fondo monetario internazionale sul debito cumulato da Tunisi che non sembra a portata di mano, con il primo che chiede riforme adeguate prima di versare il prestito da 1,9 miliardi di dollari e il presidente tunisino che ha issato una trincea contro i “diktat” dell’Fmi.
I fondi europei in questi mesi però hanno tardato ad arrivare. Tanto che nelle ultime settimane Meloni ha più volte sollecitato l’erogazione dei finanziamenti per il controllo dell’immigrazione. Alla fine di settembre la Commissione Ue ha sbloccato 127 milioni euro, inclusi 60 milioni già previsti da accordi pregressi e 42 milioni destinati al controllo dell’immigrazione, in particolare alle imbarcazioni della Guardia costiera tunisina.
La presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyren, in visita a Lampedusa, ha indicato l’intesa con la Tunisia come un modello virtuoso da replicare altrove. Finora però l’accordo non sembra aver dato i frutti sperati, visto che il Paese è diventato il principale hub da cui partono i migranti diretti in Italia (due su tre), surclassando la Libia.
Intanto all’orizzonte si intravede la possibilità di ricucire lo strappo che negli ultimi giorni si è consumato tra Roma e Berlino sul fronte dei finanziamenti alle Ong che fanno ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Si parla di “contatti per trovare una soluzione” con l’ipotesi di un bilaterale tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la premier Giorgia Meloni a Granada, in Spagna, dove il 5 e il 6 ottobre sono in programma il terzo vertice della Comunità politica europea (Cpe) e il Consiglio Ue informale.
Intanto a Lampedusa proseguono gli sbarchi, complice il bel tempo. Nell’hotspot dell’isola comunque, dopo l’emergenza dei giorni scorsi, la situazione è tornata alla normalità con poco meno di 200 persone ospitate al momento nel centro di Contrada Imbriacola.
Questa mattina sono arrivati in 40, nel giorno in cui i lampedusani celebrano il decimo anniversario della strage del 3 ottobre 2013, quando davanti all’isola morirono 368 migranti.
Nella Giornata della memoria e dell’accoglienza, istituita dopo il naufragio, il Mediterraneo centrale si conferma la rotta più letale al mondo. Secondo le Nazioni Unite, negli ultimi dieci anni sono oltre 28mila i migranti che hanno perso la vita (22.500 solo sulla rotta centrale).
Le agenzie dell’Onu – Oim, Unhcr e Unicef – stimano che, nel solo 2023, siano più di 2.300 le persone morte o disperse in mare. Di queste, oltre 2mila – l’88% – sulla rotta del Mediterraneo centrale.
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