C’è un Comune dove anglismi e parole straniere sono banditi dagli atti della Pubblica amministrazione. Succede a Magenta, cittadina di quasi 24mila abitanti della Città Metropolitana di Milano celebre per la celebre battaglia del 1859, dove la maggioranza di centrodestra ha votato una mozione presentata da una consigliera del Gruppo Misto in quota Fratelli d’Italia. Contraria e ironica l’opposizione.
Una mozione “identitaria e politica” l’ha definita l’esponente di Fdi Stefania Bonfiglio, firmataria della proposta. L’iniziativa impegna la sindaca Chiara Calati e la sua Giunta “a garantire l’uso esclusivo della lingua italiana negli atti della Pubblica amministrazione”. “Dagli anni Duemila l’uso dei termini inglesi è aumentato del 773% – ha dichiarato in aula Bonfiglio – e nel nostro vocabolario ci sono circa 9mila anglicismi. Nessuno vuole negare l’utilità della lingua in un mondo globalizzato, ma non vogliamo neanche che il nostro patrimonio culturale sia abbandonato a se stesso”.
Il modello è la Legge Toubon del 4 agosto 1994, con cui l’allora Governo Balladur rese obbligatorio l’utilizzo della lingua francese nelle pubblicazioni e nelle situazioni riguardanti la vita pubblica nel Paese transalpino. Il testo fu poi fortemente ridimensionato dopo un ricorso al Consiglio Costituzionale per la salvaguardia delle libertà di pensiero e di espressione. Inoltre, secondo la consigliera di Fdi, l’uso di termini inglesi o stranieri, anziché del loro corrispettivo in italiano, sarebbe dannoso per la fascia più anziana della popolazione, la quale farebbe fatica a comprenderli.
Da qui l’invito di Bonfiglio a “sciacquare in panni in Arno come Alessandro Manzoni”. La proposta, però, ha subito scatenato l’ironia dei gruppi di opposizione, che nel corso del dibattito hanno parlato di “proposta anacronistica”. La consigliera del Pd Eleonora Preti, ad esempio, ha ricordato che l’unico fallimentare precedente di questo genere risale alla politica linguistica autarchica del Ventennio fascista. “Fenomeni come le difficoltà a comprendere o produrre dei testi – ha detto Preti – non si combattono con l’imposizione di leggi o provvedimenti forzati, ma con la promozione della lingua”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Silvia Minardi della civica ‘Progetto Magenta’. La capogruppo di minoranza ha ironicamente fatto notare come questa mozione rischi di eliminare parole quali “computer” o “e-mail” dal sito del Comune. Citando il filosofo francese Michel de Montaigne, Minardi ha ricordato che “attraverso la lingua impariamo a dire cose che altrimenti non sapremmo come dire”. Secondo la consigliera di opposizione, infatti, i veri problemi sono il burocratese e la complessità degli atti amministrativi che, se abbattuti, potrebbero rendere i cittadini più partecipi alla vita della città.
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