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Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra e la presidente della Fondazione Falcone, Maria Falcone, hanno firmato al Congresso della Cisl il manifesto “Siamo Capaci per la promozione della cultura della legalità nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nel territorio“. “Certe sfide – ha detto la sorella del magistrato ucciso dalla mafia nel 1992 – non si possono combattere o vincere da soli. Ma è necessario poter portarle avanti tutti insieme“.
“Questa sfida che a noi si presenta oggi, a trenta anni da quelle tremende stragi, è quella di avere giustizia. Ci riusciremo soltanto quando sapremo completamente tutta la verità. Perché è importante che quella verità venga fuori – ha sottolineato Maria Falcone –. Io sono felice di aver potuto dire nelle scuole, in tutti questi anni, una cosa importante. E cioè che grazie all’azione delle forze dell’ordine e della magistratura abbiamo portato avanti la lotta alla mafia in Italia. Tanto che tutti i principali latitanti sono stati in carcere“.
E Maria Falcone ha ricordato non solo gli esponenti della mafia che a propria volta sono defunti. Ma anche le diverse condizioni in cui si è verificata la loro scomparsa. “Due sono morti, e sono davanti all’onnipotente. Sono Totò Riina e Bernardo Provenzano – ha ricordato –. Ma noi li abbiamo messi in carcere, secondo le regole della nostra democrazia. E salvaguardando le regole di diritto. Abbiamo dato a loro quella dignità nella malattia che loro non diedero ai nostri cari“.
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“La mafia muta facilmente sembianze. E noi dobbiamo seguirla in questi cambiamenti, perché è un rischio per la nostra sicurezza. Specialmente in questo momento, quando abbiamo le risorse del Pnrr. Non possiamo rischiare. Questi fondi serviranno per il rilancio del nostro Paese, è necessario che vengano utilizzati bene e schermarli dalla criminalità organizzata“. Lo ha detto la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, nel corso di una tavola rotonda organizzata durante il congresso confederale della Cisl.
Da Lamorgese arriva però un appello anche alla società civile, che contribuisca alla lotta dello Stato contro la mafia. “Non può però – ha infatti avvertito la ministra – essere lasciato tutto nelle mani delle forze di polizia e della magistratura. Sono anche le imprese stesse che dovrebbero adottare codici di comportamento che possano aiutarle a crescere in modo legale“.
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