Nel dibattito sugli stipendi degli italiani troppo bassi irrompe la Lega con una proposta che ricorda le vecchie gabbie salariali, suggerendo di agganciare le retribuzioni al costo della vita. Ieri il partito di Matteo Salvini ha presentato un disegno di legge al Senato subito bocciato da sindacato e opposizioni, a cominciare dal Partito democratico, che denuncia il tentativo di “spaccare l’Italia”.
Lo scopo del provvedimento è “dare la possibilità alla contrattazione di secondo livello, territoriale e aziendale, di utilizzare il parametro del costo della vita, oltre a quelli già previsti per legge, nell’attribuzione dei trattamenti economici accessori ai dipendenti pubblici e privati”, spiega il capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama Massimiliano Romeo.
“Chiaramente, il principio della parità retributiva non viene meno. Parliamo infatti di trattamenti economici accessori, che possono essere così riconosciuti ai dipendenti valutando anche il diverso impatto che l’incremento dei costi dei beni essenziali ha sui cittadini, così come si evince dagli indici Istat“, precisa il senatore leghista.
“Si pensi alle grandi città dove l’inflazione ha degli effetti differenti rispetto ad altre zone del nostro Paese. Introduciamo con questa norma un elemento nuovo, attribuendo ai lavoratori una somma differenziata in base al luogo in cui ha sede l’azienda, prevedendo per i datori di lavoro privati un credito d’imposta per coprire le spese sostenute. Riteniamo sia una proposta di buonsenso”.
Opposizioni all’attacco
“Dopo l’autonomia differenziata ecco l’ennesimo atto per continuare a spaccare l’Italia e aumentarne i divari. Ovviamente tutto nel silenzio degli autoproclamati ‘patrioti’. Il Pd non lo consentirà, perché una proposta del genere mette realmente in discussione il principio di uguaglianza e la coesione del nostro Paese. Anche per questo saremo in piazza sabato a Roma”, è il commento del deputato e responsabile Sud del Partito democratico Marco Sarracin. Gli fa eco il collega di partito Ubaldo Pagano, che parla di “ritorno delle gabbie salariali” e di “modelli del passato che hanno dimostrato ampiamente il loro fallimento”.
Sulla stessa linea il Movimento 5 stelle. “Il M5S si opporrà con tutte le sue forze alla proposta con cui la Lega vuole riportare il Paese indietro di cinquant’anni tornando alle gabbie salariali. L’ennesimo tentativo di spaccare l’Italia dopo l’autonomia differenziata. Con questa maggioranza non c’è limite al peggio“, scrive su X la senatrice Elisa Pirro.
Alle critiche si aggiunge Alleanza Verdi e Sinistra: “È una vera e propria porcheria contro i lavoratori e contro il mezzogiorno che mette in discussione la coesione contro cui ci batteremo”, attacca il senatore Tino Magni.
Il no dei sindacati
A bocciare la proposta del Carroccio sono anche i sindacati. “Siamo alle gabbie salariali e di nuovo di fronte ad un attacco alla funzione solidale del contratto nazionale e al sindacato in quanto rappresentanza collettiva dei lavoratori”, afferma Francesca Re David, segretaria confederale della Cgil. La proposta, dice, penalizza il Sud dell’Italia, che “è già discriminato dai livelli di disoccupazione, dalla deindustrializzazione, dalle debolezza di reti e infrastrutture, da sanità e servizi che subiranno ulteriori tagli”. Per questo, assicura, “lo ostacoleremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione“.
Il sindacato guidato da Maurizio Landini ha annunciato insieme alla Uil una mobilitazione a partire dal 17 novembre prossimo “per alzare i salari, per estendere i diritti e per contrastare una legge di bilancio che non ferma il drammatico impoverimento di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati e non offre futuro ai giovani“. Prenderà il via da Piazza del Popolo a Roma, dove sono previsti gli interventi dei segretari generali delle due sigle. Venerdì 24 sarà la volta delle Regioni del Nord per concludere venerdì primo dicembre con il Sud.
Il Carroccio: “Nessuna divisione tra Nord e Sud”
Difronte alla pioggia di critiche, il Carroccio interviene per precisare. “Stiamo parlando non degli stipendi ma dei trattamenti economici accessori”, ribatte Romeo ricordando che “oggi il Testo Unico prevede che siano collegati alla performance individuale, a quella organizzativa e all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute. Noi a questi princìpi aggiungiamo anche il fatto che possano essere collegati al costo della vita sui beni essenziali”.
Dunque, assicura, “nessuna divisione tra Nord e Sud. Stiamo riconoscendo che il costo della vita cambia tra una grande città capoluogo e un Comune periferico nell’ambito della stessa regione. Inoltre, come già detto, i contratti collettivi nazionali non vengono toccati, noi con questa norma andiamo a rafforzare la contrattazione di secondo livello, ossia quella territoriale o aziendale”.