La nuova legge rende la gestazione per altri un “reato universale” in Italia, perseguibile anche se praticata all’estero
Il 16 ottobre 2024, la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia per rendere la gestazione per altri (GPA) un “reato universale” è stata definitivamente approvata. La nuova normativa prevede che questa pratica sia considerata reato in Italia anche se viene realizzata all’estero da cittadini italiani.
Questo cambiamento ha suscitato dibattiti accesi e solleva numerosi interrogativi sull’effettiva applicabilità della legge e sulle sue conseguenze concrete per le persone coinvolte.
La gestazione per altri, comunemente chiamata anche “utero in affitto” o “maternità surrogata”, è una forma di procreazione assistita in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto di altre persone che non possono avere figli. Può trattarsi di coppie eterosessuali in cui la donna non è in grado di portare avanti una gravidanza per motivi di salute, ad esempio in seguito a un’operazione chirurgica, oppure di coppie omosessuali maschili. La GPA può essere di tipo commerciale, con un compenso economico per la donna gestante, o altruistico, con un rimborso delle sole spese sostenute.
In Italia, la gestazione per altri è vietata dalla legge 40 del 2004, che punisce chiunque organizzi, realizzi o pubblicizzi la pratica con pene da tre mesi a due anni di reclusione e multe da 600mila a un milione di euro. Tuttavia, la GPA è legale in molti paesi con regolamentazioni diverse, tra cui il Regno Unito, i Paesi Bassi, il Portogallo e la Grecia. La nuova legge approvata modifica l’articolo 12 della legge 40, aggiungendo la possibilità di punire chi pratica la GPA all’estero. Il testo aggiornato specifica che «Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». In pratica, le sanzioni previste si applicano anche se la pratica è legale nel paese in cui è stata realizzata.
Secondo alcuni giuristi, la proposta di rendere la GPA un “reato universale” ha principalmente una valenza simbolica e ideologica, riflettendo una visione specifica della maternità e del ruolo della donna nella società. L’obiettivo principale sarebbe quello di disincentivare l’uso della GPA tra i cittadini italiani, anche se compiuta all’estero. Il termine “reato universale” è però considerato ambiguo dal punto di vista giuridico, dato che la giurisdizione universale si applica solitamente solo ai crimini più gravi, come genocidi, crimini di guerra e contro l’umanità. La GPA, essendo legale in diversi paesi e regolata in modo vario, non rientra in questa categoria.
La qualificazione della GPA come reato universale solleva diverse problematiche giuridiche. In primo luogo, la giurisdizione universale si applica solo a reati di estrema gravità, mentre la GPA, secondo la normativa italiana, è punibile con pene relativamente lievi, al massimo due anni di reclusione. La costituzionalista Irene Pellizzone ha evidenziato che il concetto di reato universale è giuridicamente problematico nel contesto della GPA, poiché manca un reale parallelo con i crimini internazionali perseguiti su base universale.
Un ulteriore ostacolo all’applicazione della nuova legge è rappresentato dal principio della “doppia incriminazione”, che stabilisce che un atto possa essere punito in Italia solo se è considerato reato anche nel paese in cui è stato commesso. Questo principio è stato ribadito più volte dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale garantisce l’applicazione uniforme del diritto in Italia. La GPA, essendo legale in molti paesi, non soddisfa questo requisito, rendendo difficile perseguire chi ricorre a questa pratica all’estero.
Nonostante le difficoltà giuridiche, la nuova normativa offre strumenti per avviare indagini e potenzialmente processi contro chi pratica la GPA all’estero. Il penalista Vittorio Manes sottolinea che le ricadute potrebbero essere particolarmente significative per i bambini nati tramite GPA, poiché una condanna dei genitori potrebbe incidere negativamente sul benessere del minore.
Nel diritto italiano e internazionale, il principio dell’“interesse superiore del minore” è centrale e prevede che qualsiasi decisione o provvedimento riguardante un bambino debba tenere conto del suo benessere come fattore prioritario. La Corte Costituzionale italiana ha stabilito, anche in casi estremi come quello dell’incesto, che il figlio debba essere riconosciuto e tutelato legalmente, garantendo i suoi diritti indipendentemente dalle circostanze della nascita. Questo principio potrebbe essere utilizzato anche nei casi di GPA, specialmente nei futuri procedimenti giudiziari.
Le coppie italiane che scelgono di ricorrere alla GPA all’estero potrebbero affrontare problemi già durante la trascrizione del certificato di nascita nei registri civili italiani. Gli ufficiali di stato civile, in quanto pubblici ufficiali, sono obbligati a denunciare qualsiasi reato di cui vengano a conoscenza durante le loro funzioni. La trascrizione di un certificato di nascita che riveli il ricorso alla GPA potrebbe quindi innescare un’indagine. Questo scenario è particolarmente problematico per le coppie omosessuali maschili, poiché il ricorso alla GPA è facilmente riconoscibile.
Le coppie eterosessuali, invece, potrebbero dichiarare che il figlio è biologicamente loro e nato all’estero, anche se ciò potrebbe costituire falso in atto pubblico, esponendoli ad ulteriori rischi legali. In ogni caso, la nuova legge potrebbe funzionare come un potente deterrente, dissuadendo molte coppie italiane dal ricorrere a questa pratica.
Nel caso in cui un procedimento giudiziario portasse a una condanna, è più probabile che le pene consisteranno in multe piuttosto che in reclusione, data la natura del reato e il profilo generalmente incensurato degli imputati. Le multe previste dalla nuova legge sono particolarmente elevate, variando da 600mila a un milione di euro, e una condanna penale potrebbe influenzare negativamente la vita dei condannati, ad esempio impedendo la partecipazione a concorsi pubblici o causando problemi legali in diverse circostanze.
La legge sulla GPA come reato universale riflette un dibattito più ampio che coinvolge diritto, etica e politica. Da una parte, il governo italiano mira a dissuadere il ricorso a questa pratica, rafforzando una concezione tradizionale della famiglia e della maternità. Dall’altra, la normativa solleva questioni delicate relative alla tutela dei diritti dei bambini e alle libertà individuali.
Inoltre, la legge potrebbe creare un vuoto normativo che rischia di esporre i bambini nati tramite GPA a una situazione di incertezza giuridica, con conseguenze potenzialmente dannose per la loro crescita e il loro sviluppo.
La nuova normativa sulla gestazione per altri come reato universale introduce una serie di complicazioni giuridiche e sociali. Nonostante le difficoltà di applicazione pratica, potrebbe comunque avere un impatto significativo come strumento di dissuasione, scoraggiando le coppie italiane dal ricorrere a questa pratica. Le conseguenze più critiche potrebbero riguardare la tutela dei minori, i diritti delle famiglie e la sicurezza giuridica dei bambini nati tramite GPA. La legge rappresenta un tentativo di influenzare le scelte riproduttive dei cittadini, ma i suoi effetti a lungo termine rimangono incerti e potrebbero richiedere ulteriori interventi legislativi e giurisprudenziali.
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