La Corte Suprema Usa ha concesso una parziale immunità presidenziale, ma solo per gli atti ufficiali, a Donald Trump nel processo per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Slitta in questo modo ulteriormente il processo
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che gli ex presidenti, inclusi Donald Trump, hanno diritto a una parziale immunità per le loro funzioni ufficiali: non possono essere processati per questi atti.
Era una delle decisioni più attese, poiché doveva chiarire se un presidente possa essere processato per azioni compiute durante il mandato. La Corte aveva deciso di esaminare il caso a febbraio su richiesta degli avvocati di Trump, che è imputato in tre processi penali ed è già stato condannato in uno. Questa decisione potrebbe influire significativamente sulla campagna elettorale per le presidenziali del 5 novembre, a cui Trump è candidato per il Partito Repubblicano.
La decisione riguarda il processo in cui Trump è accusato di cospirazione per sovvertire il risultato delle elezioni del 2020. Stabilisce che per alcuni atti oggetto del processo possa godere dell’immunità, ma specifica che non tutti gli atti sono ufficiali e che l’immunità non si applica agli atti non ufficiali. L’immunità è «assoluta» per gli atti ufficiali.
La decisione è stata presa a maggioranza, sei voti contro tre, e rimanda alle corti di livello inferiore per definire quali atti siano ufficiali e quali no. Sarà la giudice distrettuale Tanya Chutkan, che segue il caso a Washington, a stabilire quali azioni erano atti ufficiali e quali no, e non potrà «indagare sulle motivazioni del presidente», secondo la sentenza della Corte. Probabilmente, questo causerà un ulteriore rinvio del processo, che non si chiuderà prima delle elezioni.
Trump ha subito commentato la sentenza sul suo social network Truth, definendola una “grande vittoria”. La giudice della Corte Suprema Sonia Sotomayor, di orientamento progressista, ha espresso il suo dissenso, affermando che la sentenza “ridisegna l’istituzione della presidenza e si fa beffe del principio che nessun uomo è al di sopra della legge”.
La questione della possibile “immunità totale” per un presidente degli Stati Uniti per atti commessi durante il mandato era stata sollevata dagli avvocati di Trump nelle fasi preliminari del processo. La difesa sosteneva che un presidente dovrebbe essere immune da conseguenze legali per i propri atti, anche se questi costituiscono reati.
Un’interpretazione estrema di questo principio renderebbe un presidente immune anche se ordinasse l’omicidio di un rivale politico o organizzasse un colpo di stato.
Questo tema è stato discusso dai giuristi statunitensi per decenni, ma non aveva mai avuto risvolti pratici fino ad ora: Trump è il primo presidente imputato in un processo penale e, dopo il processo di New York, il primo a essere condannato. Pertanto, è stato necessario affrontare concretamente il problema dell’immunità.
Trump è attualmente coinvolto in tre processi penali: il caso per cui aveva chiesto l’immunità riguarda l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, dove è accusato di aver tentato di sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, che aveva perso contro Joe Biden.
Il processo contro Trump era iniziato nel 2023, ma a dicembre una giudice federale aveva respinto la richiesta di immunità. I suoi legali avevano fatto appello e il caso era arrivato alla Corte Suprema, il massimo tribunale degli Stati Uniti per le leggi e il loro rapporto con la Costituzione.
La decisione di oggi riguarda Trump direttamente, ma avrà conseguenze anche per i futuri presidenti e sul bilanciamento dei poteri nel governo degli Stati Uniti. Nel caso specifico, provocherà un ritardo di mesi nel processo contro Trump, che probabilmente si concluderà dopo le elezioni di novembre.
Se Trump vincesse le prossime elezioni presidenziali, potrebbe ordinare al dipartimento di Giustizia, di cui nominerà il segretario, di ritirare le accuse contro di lui, o tentare di far rinviare il processo fino alla fine del suo mandato.
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