I risultati delle ultime elezioni politiche non sono stati lusinghieri per il Pd. Pur ottenendo una percentuale in linea con quella prevista dai sondaggi e non troppo distante dal risultato del 2018, il partito ha comunque subito una battuta d’arresto importante, anche in alcune regioni in cui in passato era sempre andato bene (o quasi). La campagna elettorale di Enrico Letta, incentrata soprattutto sul “voto utile”, non ha dato i frutti sperati e ora è chiaro che qualcosa debba cambiare, perché la rotta tracciata non è più quella corretta. Dare la colpa al timoniere sarebbe fin troppo facile: potrebbe essere necessaria una riorganizzazione di buona parte dell’equipaggio per tornare a navigare a gonfie vele.
I cambiamenti più importanti dovrebbero arrivare all’annunciato congresso del Pd, quando Enrico Letta si farà da parte, permettendo a un nuovo segretario di prendere tra le mani le redini del partito. Questo cambio ai vertici non è ben visto da tutti: c’è il timore, infatti, che senza una figura capace di mettere d’accordo tutte le correnti potrebbe essere difficile arrivare alla desiderata “rifondazione” della forza politica. Il “capitano” sbagliato potrebbe portare a ulteriori scissioni e, di conseguenza, a un centrosinistra ancora più frammentato di quello attuale.
Di fronte a questo scenario, non è mancato chi ha chiesto a Letta di rivedere la propria decisione, ottenendo però una risposta negativa. L’attuale segretario del Pd non ha intenzione di cambiare la tabella di marcia che ha da poco presentato nell’ultima lettera inviata agli iscritti. Il percorso previsto, diviso in quattro tappe, si concluderà tra marzo e aprile, quando i dem saranno chiamati a eleggere il loro nuovo leader.
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Mentre è in corso il toto-ministri in vista della formazione del nuovo governo, anche all’interno del Pd si sta portando avanti un gioco simile. Tra i nomi più papabili per il ruolo di segretario c’è di sicuro quello di Stefano Bonaccini, l’attuale presidente della Regione Emilia Romagna. Sul suo account Twitter ha già iniziato a delineare il percorso che dovrebbe seguire il partito per “rinascere dalle ceneri”, incentrato sui diritti umani, la transizione ecologica, una maggior coinvolgimento degli amministratori locali e su un sistema di ideali chiaro e condiviso. Oltre a lui, anche la vicepresidente della Regione, Elly Schlein, gode di ampio sostegno e potrebbe diventare la prima donna a guidare il partito. È vero, al momento non è tesserata, ma potrebbe essere un ostacolo aggirabile. Lei, dentro e fuori dal Pd, si è sempre battuta per una sinistra femminista, inclusiva ed ecologista.
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Il percorso verso il congresso è iniziato oggi, giovedì 6 ottobre, con la direzione nazionale del Pd, trasmessa in diretta streaming per massima trasparenza nei confronti degli iscritti. Letta ha dichiarato di essere pronto a mettere in discussione tutto, incluso il simbolo del partito. Lui vorrebbe lasciarlo “così com’è, perché racconta il servizio all’Italia”, ma è aperto al cambiamento. Non è mancata un’analisi dei passi falsi del Pd. Il segretario, in particolare, si è soffermato sulle poche donne elette nel partito, definendolo “il fallimento della nostra rappresentanza. È chiaro ed evidente e indica che il partito non ha compiuto il salto avanti necessario”, ha osservato. “Non è possibile tornare indietro rispetto alla necessità di avere dei capi dei gruppi parlamentari di rappresentanza femminile”, ha aggiunto. “Dall’altra parte ci sarà la prima donna premier del Paese e su questo punto dovremo essere credibili”.
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Letta ha dichiarato che “far nascere il Pd è stato un successo. Gli elettori ci hanno dato il mandato di essere la seconda forza politica e di guidare l’opposizione, di costruire un’alternativa partendo da lì. Siamo gli unici ad aver costruito un’alternativa politica alla destra. Gli altri hanno fatto elezioni sostanzialmente in alternativa a noi”.
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Parlando delle ultime elezioni, Letta ha osservato che solo Fratelli d’Italia può dire dia averle vinte. “Un campo ha vinto perché è stato unito e l’altro, nonostante il nostro sforzo, non è riuscito a fare lo stesso. Questa è la spiegazione delle elezioni. Noi abbiamo profondamente lavorato per costruire il campo largo, ma si è rivelato impossibile. Abbiamo avuto degli interlocutori che non hanno voluto andare avanti assieme”, ha spiegato. “Stavamo costruendo un progetto che stava diventando forte e importante”, poi c’è stata la “brusca interruzione” con la caduta del governo. “Noi oggi cominciamo un percorso congressuale, che per noi è intimamente connesso al lavoro di opposizione, che parte fin da ora. Faremo un’opposizione intransigente e costruttiva”, ha aggiunto il segretario. “Dobbiamo essere pronti a costruire un’opposizione forte ed efficace, sapendo anche che quando questo governo cadrà io non ci sarò, ma dovremo chiedere elezioni anticipate”.
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Parlando del prossimo governo, Letta ha chiarito che la coalizione di centrodestra dovrà affrontare non pochi problemi. “Chi pensa che ci sia un’infinta luna di miele con la destra di Meloni non ha colto fino in fondo il deterioramento del quadro economico e sociale, le tensioni, le paure e le preoccupazioni, che necessitano tutt’altro che di un governo con profonda debolezza politica, che fa capolinea. Fanno più notizia i no che riceve piuttosto che la ressa per entrare al governo e già questo è chiaro e indicativo di una situazione in cui un governo che riceve dei no così significativi dimostra di per sé la sua difficoltà“, ha dichiarato il segretario del Pd.
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Durante la relazione alla direzione del partito, Letta ha dichiarato che il congresso dovrà avere i tempi giusti e non dovrà essere “né un X Factor sul miglior segretario da fare in 40 giorni, né un congresso che rinvia alle calende greche. Vorrei che il nuovo gruppo dirigente fosse in campo con l’inizio della nuova primavera. Abbiamo bisogno di partire da marzo con una scelta significativa“.
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