In Italia esistono interi blocchi del mondo politico, economico e anche culturale che in queste ore stanno prendendo le distanze dalle sanzioni alla Russia dopo l’invasione in Ucraina decisa da Putin. O quantomeno hanno nei confronti delle sanzioni un approccio timido. Considerarli tutti parte di una “rete filorussa”, come quella evocata su La7 dall’eurodeputato ed ex sottosegretario Sandro Gozi, sarebbe fuorviante. Però le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni sono sintomo di una presa di posizione non esattamente ferma e decisa contro le decisioni russe.
Il capofila del fronte che predica prudenza rispetto alle sanzioni con cui l’Ue ha intenzione di rispondere all’escalation di Vladimir Putin nel Donbass è senz’altro Matteo Salvini. Il leader della Lega si ferma a pochi millimetri dall’ennesima presa di distanza nei confronti del governo Draghi. Anche se non è detto che la posizione non si possa trasformare con il passare dei giorni in un aperto dissenso. L’ennesimo dopo le bordate sul Green Pass.
Commentando un tweet poi cancellato dal profilo del “ministro degli Esteri Ue”, Josep Borrell, rivolto ai russi (“Non più: shopping a Milano, feste a Saint Tropez, diamanti ad Aversa”), il capo del Carroccio scrive: “Per il capo della politica estera dell’Ue, le sanzioni servono a bloccare lo shopping a Milano e il loro party a Saint Tropez. Siamo al ridicolo. O forse al tragico…”. Una frase 24 ore dopo quella in cui l’ex ministro dell’Interno aveva definito le sanzioni “l’ultima mossa possibile”.
Un approccio non troppo distante dalla posizione fatta filtrare dai vertici di Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi che si dice “a favore di sanzioni graduali, mantenendo aperto il dialogo”. Nel vecchio mondo di riferimento del centrodestra berlusconiano, anche quelli che non sono esattamente fan di Salvini condividono per una volta la sua impostazione. “Le sanzioni non le trovo giuste. Anzi, sono esagerate, controproducenti, folli”, ha detto Carlo Rossella.
In casa 5 Stelle, la posizione che fa più scalpore è sicuramente quella di Alessandro Di Battista. Da sempre contro la Nato, l’ex deputato ha scritto su Facebook poche ora prima della decisione di Putin. “La Russia non sta invadendo l’Ucraina. Poi, per carità, tutto può accadere ma credo che Putin (e non solo) tutto voglia fuorché una guerra. Oltretutto se per le truppe russe invadere l’Ucraina potrebbe esser semplice, controllare un territorio vasto e in gran parte ostile ai russi è un’operazione impossibile. Ieri la Russia, in una fase di stallo dei negoziati, si è limitata a formalizzare l’esistenza (dunque riconoscere) di due repubbliche separatiste e russofone: la Repubblica Popolare di Doneck e quella di Lugansk. Si tratta di territori che la Russia controlla politicamente e militarmente da otto anni. Nulla di nuovo dunque e, per adesso, nulla di particolarmente preoccupante”.
Nell’attuale Parlamento, invece, il capogruppo del Movimento alla Camera, Davide Crippa, nel dibattito a Montecitorio sull’informativa urgente del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sulla crisi ucraina ha voluto mettere a verbale quanto segue. “Le sanzioni sono doverose (…) ma potrebbero non bastare. Per essere efficaci devono fungere da deterrente contro ulteriori azioni militari, ma essere anche sostenibili, proporzionate e graduali. Il rischio, in questo momento, è che il nostro Paese paghi più di altri le conseguenze di questa nuova escalation di violenza. Ciò assolutamente non possiamo accettarlo”.
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