Draghi, dopo la fiducia alle Camere ecco il nodo dei sottosegretari

Conquistata un’ampia fiducia nei due rami del Parlamento, per Mario Draghi c’è ora da risolvere un rompicapo non da poco: tessere il difficile puzzle dei sottosegretari. È una partita che il presidente del Consiglio vorrebbe archiviare subito: a cavallo tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima. Tuttavia i partiti dicono di essere ancora a una fase ‘pre-istruttoria’. Probabile, quindi, lo slittamento di alcuni giorni. Anche perché al momento il caos è tale che c’è chi tira in ballo anche un intervento di Sergio Mattarella, anche se dal Quirinale precisano che il presidente non si occupa di sottosegretari e viceministri. La scelta compete al capo di governo. I sottosegretari, del resto, giurano a Palazzo Chigi proprio nelle mani del presidente del Consiglio.

La divisione dei sottosegretari per partiti e aree geografiche

L’incastro di ‘quote’ e deleghe è complicato da comporre e, per limitare i conflitti nei partiti, l’orientamento sarebbe quello di ridurre al massimo le figure tecniche: al massimo due o tre. E magari anche eliminare i viceministri, nominando solo sottosegretari di pari grado. Già emergono i primi nervosismi sull’ipotesi di assegnare le telecomunicazioni al Ministero di Colao e non a quello di Giorgetti. Si discute poi di editoria, anche nella prospettiva delle prossime nomine dei vertici Rai. E non è solo un problema di partiti o di nomi. La pressione su Draghi arriva anche dalle aree geografiche. Basti pensare alla Sicilia che non ha un solo ministro nella squadra di governo e potrebbe dunque essere ripagata da una maggiore rappresentanza tra i sottosegretari. Ma per Draghi questo potrebbe essere l’ultimo dei problemi. Il principale ostacolo è riuscire a mantenere l’equilibrio tra le forze che lo sostengono.

Come si potrebbero suddividere i nuovi componenti del governo

Il Movimento 5 Stelle rivendica 14 sottosegretari, ma secondo il centrodestra bisognerebbe sottrarne almeno 2, dopo la scissione. Vito Crimi si tira fuori ma si citano Giancarlo Cancelleri (Mit), Stefano Buffagni, (Transizione ecologica), Laura Castelli (Mef), Barbara Floridia e Carlo Sibilia (Interni). Alla Lega ne andrebbero otto o nove, con occhi puntati sul Viminale dove potrebbero andare Nicola Molteni o Stefano Candiani e su nomi come Claudio Durigon o Massimiliano Romeo (potrebbe lasciare il gruppo al Senato a Gianmarco Centinaio).

Al Partito Democratico sei o sette, con il nodo della ‘quota’ donne dopo le polemiche sulle zero ministre. Si citano Anna Ascani, Marina Sereni, Cecilia D’Elia. Gli uomini potrebbero essere due: si fanno i nomi di Matteo Mauri all’Interno e Antonio Misiani all’Economia ma anche Andrea Martella all’Editoria. A Forza Italia sei, con in pole senatori come Gilberto Pichetto Fratin all’Economia o Lucio Malan alla Giustizia. Italia Viva ne rivendica due; per Liberi e Uguali potrebbe esserci la conferma di Maria Cecilia Guerra all’Economia.

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