Quella di oggi, mercoledì 17 febbraio, sarà una giornata decisiva per il governo Draghi. Dalle 10 in poi, il presidente del Consiglio farà le sue dichiarazioni programmatiche, al termine delle quali si recherà a Montecitorio per consegnare il testo. Dalle 12:30 fino alle 19:00 sono previste 6 ore 40 minuti di dibattito in Senato. Alle 20:00, al termine dell’ultima sanificazione, ci sarà la replica di Draghi, seguita dalle dichiarazioni di voto. I senatori voteranno la fiducia al nuovo esecutivo a partire dalle 22:00.
Chi voterà la fiducia al governo Draghi?
Salvo sorprese dell’ultimo minuto, Draghi dovrebbe poter contare sui voti favorevoli dei 63 parlamentari della Lega, sui 51 di Forza Italia, sui 35 del Pd, i 18 di Italia Viva, i 10 del Maie e i 5 delle Autonomie. Pier Ferdinando Casini non potrà votare, in quanto positivo al Covid-19. Dei 22 componenti del Gruppo Misto, 15 dovrebbero votare a favore del nuovo esecutivo (compresa la capogruppo Loredana De Petris). Giorgio Napolitano ha inviato il suo “sì” da remoto (a causa di alcuni problemi di salute non partecipa più ai lavori in parlamento da mesi). Liliana Segre, invece, potrebbe non prendere parte alla votazione. Gli unici “no” certi, oltre a quelli dei 19 senatori di Fratelli d’Italia, dovrebbero arrivare dai componenti del Gruppo Misto Gianluigi Paragone, Paola Nugnes, Elena Fattori, Tiziana Drago, Mario Giarrusso e Carlo Martelli.
Cosa farà il Movimento 5 Stelle?
A poche ore dal voto di fiducia in Senato, restano ancora dei dubbi sulle intenzioni del Movimento 5 Stelle. Negli ultimi giorni sono emerse varie divisioni interne, soprattutto dopo la votazione su Rousseau, che ha portato all’abbandono di Alessandro Di Battista. La base del M5S si è espressa a favore del governo Draghi, con 41.177 “sì” (59,3%) e 30.360 “no” (40,7%). Le polemiche su questo risultato non sono mancate, soprattutto una volta scoperta la composizione del nuovo esecutivo. Per molti componenti del Movimento, infatti, è inaccettabile governare assieme a tre ministri di Forza Italia (Brunetta, Gelmini e Carfagna).
Le divisioni interne
Altri nodi cruciali sono lo scarso numero di ministeri ottenuti dal M5S e la gestione del ministero della Transizione ecologica (che non è stato accorpato al Mise). Beppe Grillo ha parlato della necessità di “fare una transizione di cervelli” e “guardare al futuro”, ma le sue parole potrebbero non essere state sufficienti a convincere chi in questi giorni chiedeva a gran voce una ripetizione del voto su Rousseau. Davide Casaleggio, invece, ha proposto di astenersi dal voto di fiducia. Ipotesi bocciata da Vito Crimi e dagli altri vertici del Movimento. Alla fine, grazie anche alla nascita dell’intergruppo parlamentare Pd-M5S-Leu, sembra che saranno meno di dieci i senatori pentastellati a non dare la propria fiducia a Draghi. I no sicuri, almeno sulla carta, solo quelli di Mattia Crucioli, Luisa Angrisani, Bianca Laura Granato, Rosa Abate ed Elio Lannutti. Incerte le intenzioni di Barbara Lezzi, Nicola Morra e Danilo Toninelli.