Giuseppe Conte sembrerebbe essere sempre più vicino a candidarsi per entrare in Parlamento. L’elezione suppletiva riguarda quella in programma il 16 gennaio per il collegio uninominale di Roma 1 della Camera, lasciato vacante da Roberto Gualtieri dopo l’elezione a sindaco di Roma. La proposta al leader del Movimento 5 Stelle è arrivata dal Partito Democratico. Manca l’ufficialità: l’interessato non ha sciolto la riserva, il suo staff sta mantenendo il riserbo.
Le ragioni per cui l’alleanza M5s-Pd vorrebbe fare eleggere Giuseppe Conte in Parlamento sono tante. Una di queste è che, se l’ex presidente del Consiglio venisse eletto, sarebbe in Aula al momento delle immediate successive elezioni del Presidente della Repubblica. Del resto i continui sommovimenti all’interno dei gruppi parlamentari del M5s dimostrano quanto ci sia il bisogno della presenza anche fisica e costante del loro leader. Inoltre il suo insediamento a Montecitorio agevolerebbe il lavoro di confronto con i leader degli altri partiti della coalizione. A partire dal segretario del Pd, Enrico Letta, deputato eletto al collegio di Siena un paio di mesi fa.
Letta al momento non ha detto niente. Il suo predecessore, Nicola Zingaretti, fautore insieme a Goffredo Bettini del patto con Conte, ieri ha sottolineato che è “un’opportunità da valutare”. “Noi dobbiamo costruire un’alleanza che si prepara alle elezioni per vincere le elezioni. Chi vuole costruire un’alleanza pensa all’Italia e al suo benessere, chi la piccona pensa, illudendosi, solo a se stesso e a ‘lucrare’ punti di posizione per poi magari trattare” sui “collegi. E questo non vuol dire rinunciare all’identità”.
“Per me la politica è dappertutto: nelle piazze, nei territori. Ho pensato di non candidarmi alle elezioni suppletive perché in questo momento ho preso un impegno per me prioritario e cioè lavorare per il rilancio del Movimento 5 stelle”. Così Giuseppe Conte si era espresso lo scorso 19 luglio, al termine dell’incontro con Mario Draghi, rispondendo alla domanda su un suo possibile ingresso in Parlamento. “Se mi candidassi e fossi eletto mi troverei a frequentare pochissimo quell’aula per la quale ho grande rispetto”, aggiunse. Ora, dopo poco meno di cinque mesi, potrebbe cambiare idea.
Ma sul piano del Pd e del M5s, che costituirebbe un ulteriore passo per cementare l’alleanza tra i due partiti, si staglia la figura di Carlo Calenda. Il quale potrebbe mettere i bastoni tra le ruote a questo progetto con una candidatura alternativa. “È incredibile il livello di sottomissione del Pd al M5s. Incredibile. Non esiste alcun Ulivo 2.0 ma semplicemente un patto di potere tra due classi dirigenti prive di coraggio, spinta ideale e coerenza. Contrasteremo questa scelta”, ha scritto su Twitter.
Intanto anche Matteo Renzi è sul piede di guerra: “Se nel collegio Roma 1 il Pd mette in campo una candidatura riformista, noi ci siamo. Se il Pd candida Conte, la candidatura riformista noi la troveremo in ogni caso ma non sarà Giuseppe Conte”, scrive il leader di Italia Viva nella sua eNews. E rilancia: “Perché il Pd può fare quello che crede, ma regalare il seggio sicuro (a quel punto forse non più sicuro?) al premier del sovranismo, all’uomo che ha firmato i decreti Salvini, all’avvocato che non vedeva differenza tra giustizialismo e garantismo significherebbe subalternità totale. È un seggio parlamentare, non è un banco a rotelle! Se davvero sarà Conte il candidato del Pd, ci attende una bellissima campagna elettorale nel collegio di Roma Centro”.
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