POLITICA

Forum Cernobbio, Mattarella: “Nessun Paese pensi a un futuro separato”

“Nessun Paese del Continente – neppure i maggiori per dimensioni o reddito – può pensare a un futuro separato da quello degli altri sarebbe una fuga dalla realtà e, prima ancora di un’illusione, un atto controproducente”. È il monito che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha consegnato al Forum Ambrosetti a Cernobbio, sul Lago di Como, dove il gotha di economia, finanza e politica – inclusi 13 ministri del governo Meloni – anche quest’anno si è riunito per discutere sulle sfide globali del futuro.

L’Europa “dovrà inevitabilmente migliorare i Trattati vigenti” e lo devo fare presto perché “la storia presenta sempre il conto delle occasioni perdute”, ha scritto il capo dello Stato.

Le sfide di fronte alle quali ci troviamo sono sempre più complesse”, ha rimarcato l’inquilino del Quirinale. Da qui la necessità di rafforzare “la capacità dell’Unione europea di essere un interlocutore politico globale”.

Nel futuro dunque non può che esserci più Europa. “È il quadro entro il quale si costruisce il nostro avvenire, con le lacune che accompagnano il processo di integrazione europea, fattore che trasforma e plasma anche il nostro modello sociale. Pace e sicurezza, così come crescita e benessere dei popoli, passano attraverso la capacità dell’Unione europea di rappresentare un fattore di stabilità e attrazione per chi crede nei valori della libertà, dell’indipendenza, della democrazia”.

“L’inverno demografico” in Italia e in Europa

La 49esima edizione del Furum ospitato a Villa Este ha preso il via con l’intervento di Valerio De Molli centrato su un tema di strettissima attualità, che mette in discussione il futuro dell’Italia e di tutto il Vecchio Continente, come la denatalità.

L’inverno demografico sta ridisegnando il perimetro del mondo occidentale, con implicazione di medio-lungo termine gravissime verso le quali non si presta la dovuta attenzione”, ha detto l’amministratore delegato di The European House-Ambrosetti.

Lo scenario che ha prefigurato è apocalittico: “Se i tassi di natalità non dovessero cambiare l’ultimo italiano nascerebbe nel 2225 e la popolazione italiana cesserebbe di esistere nel 2307”.

Le cifre che ha snocciolato sono impietose. “I tassi di natalità sono precipitati nell’ultimo cinquantennio del 53% in Nordamerica, del 58% in Europa, del 65% in Italia, del 77% in Giappone. Nel nostro Paese l’anno scorso le nascite sono scese a meno di 400mila e dal 2002 il gap fra natalità e mortalità è strutturalmente negativo”.

Lo scorso anno “ci sono stati 7 neonati e 12 decessi ogni mille abitanti. Secondo lo scenario peggiore disegnato dall’Istat, l’Italia passerà da 59 a 51 milioni di abitanti”.

Un crollo demografico di queste proporzioni, rincara l’ad, sottrarrebbe quasi un terzo del Pil e avrebbe un impatto devastante sull’assistenza sanitaria e sul sistema pensionistico.

De Molli ha dato anche una ricetta “per difendersi” dalla crisi demografica. “Oltre a tutte le misure per favorire la natalità, occorre aumentare subito a 250mila l’anno i permessi di soggiorno lavorativo per gli immigrati contro i 58mila della media degli ultimi cinque anni, sviluppando una politica di attrazione di immigrati qualificati con progetti di vita di lungo periodo sul modello tedesco”.

Foto Alanews.it – Newsby.it

Zelensky: “Nessuna pace senza Crimea e Donbass”

In collegamento video da Kiev è intervenuto anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha esordito con un ringraziamento all‘Italia per il “fondamentale sostegno” dato a Kiev e all’Unione Europea per aver concesso all’Ucraina lo status di Paese candidato.

Il leader ucraino ha ribadito la posizione di Kiev sulla Crimea e sul Donbass. Se Mosca non lascerà la penisola e gli altri territori occupati nell’Est dell’Ucraina “non ci potrà essere una pace sostenibile in Ucraina e quindi nemmeno in Europa”, ha detto Zelensky.

Osservate quello che è successo in Crimea. L’occupazione ha portato civiltà, turismo, business? Niente di tutto questo. L’Ucraina e tutti gli altri Paesi che fanno riferimento al diritto internazionale non riconoscono che la Crimea appartenga alla Federazione Russa, non lo riconoscono nemmeno le aziende”, ha incalzato.

Le strade che portano alla liberazione della Crimea, ha detto il presidente, sono due: una militare e l’altra diplomatica. “Le truppe russe dovrebbero lasciare la penisola senza pressione, per salvaguardare vite”.

La morte del capo della compagnia Wagner Evgeny Prigozhin è il segno più evidente della “debolezza” di Putin e al tempo stesso della sua inaffidabilità, ha sostenuto Zelensky chiudendo la porta alla possibilità di avviare un dialogo con il presidente russo. È impossibile andare a negoziare con Putin con queste premesse, perché non riesce a rispettare le sue promesse, le sue parole”.

Federica Giovannetti

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