L’ex presidente del Consiglio ha posto all’attenzione di Bruxelles un documento di 400 pagine che delinea tre aree di intervento prioritario e 170 proposte concrete per rivoluzionare dieci macrosettori economici
Il destino dell’Europa è stato messo sotto la lente d’ingrandimento da un’analisi approfondita di Mario Draghi. La diagnosi dell’ex premier è chiara: l’Unione Europea è a un bivio cruciale, e senza un intervento radicale rischia di andare incontro a «una lenta agonia» che potrebbe portare a un declino progressivo piuttosto che a un crollo improvviso.
Il piano di ristrutturazione proposto da Draghi è un documento corposo di 400 pagine che delinea tre aree di intervento prioritario e 170 proposte concrete per rivoluzionare dieci macrosettori economici. Le aree identificate includono una riforma del processo decisionale europeo, una strategia industriale aggiornata e un ampio piano di investimenti.
Il piano dell’ex presidente della Banca centrale Euopea non si limita a suggerire modifiche strutturali; richiede un impegno economico senza precedenti. Per implementare le sue proposte, l’Europa avrà bisogno di «750-800 miliardi di investimenti aggiuntivi l’anno», una cifra equivalente a circa cinque punti percentuali del PIL europeo. Questo ammontare è paragonabile, se non superiore, al Piano Marshall degli anni ’40, e rappresenta una sfida significativa per le finanze pubbliche.
Il finanziamento di tali investimenti non potrà contare solo sui capitali privati, ma richiederà anche una sostanziale iniezione di fondi pubblici. Draghi suggerisce di utilizzare meccanismi simili a quelli del piano Next Generation EU, ma riconosce che il percorso sarà irto di ostacoli, in particolare a causa delle resistenze provenienti da paesi come la Germania. L’emissione di nuovo debito pubblico europeo è destinata a essere un argomento di acceso dibattito, con Ursula von der Leyen e altri leader europei che dovranno superare le loro riserve per dar luce verde alle proposte.
Nonostante la sua enfasi sul rafforzamento economico, Draghi non chiede una rinuncia agli obiettivi di decarbonizzazione. Al contrario, insiste su un «piano coerente per raggiungere gli obiettivi» di sostenibilità ambientale. La sua preoccupazione principale è che una mancanza di coerenza potrebbe compromettere la competitività dell’Europa. La transizione ecologica deve essere gestita in modo che non diventi un freno per l’economia, ma piuttosto un motore di innovazione e crescita.
Draghi analizza i numeri e i trend macroeconomici nei settori dell’energia, delle materie prime, della digitalizzazione, della difesa, dell’automotive, della farmaceutica, dello spazio, dei trasporti e di altri ambiti chiave. Ma per rendere l’urgenza della situazione più tangibile per il pubblico, utilizza un linguaggio semplice e diretto: se i leader europei non assumeranno le loro responsabilità, i cittadini «continueranno a essere ogni anno più poveri».
Secondo Draghi, l’Unione Europea affronta una «sfida esistenziale»: deve dimostrare di poter garantire i valori fondamentali di prosperità, equità, libertà, inclusione sociale, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. Se non riuscirà a farlo, l’Europa «rischia di perdere la sua ragion d’essere». Questo è un monito grave che sottolinea la necessità di una riforma radicale e urgente.
Il piano di Draghi prevede un’accelerazione del processo di integrazione europea. In passato, avverte, «la dimensione dei nostri Paesi non è mai apparsa così piccola e inadeguata rispetto alla portata della sfida». Pertanto, è necessario che l’Unione faccia «tanti piccoli passi in modo coordinato» in alcuni settori e «pochi passi, ma più ampi» in altri. Ciò potrebbe includere una maggiore delega di competenze a livello europeo per compiti che richiedono un’azione su scala continentale.
Chi si oppone a questo percorso di maggiore integrazione potrebbe essere lasciato indietro. Draghi sostiene che se non si può procedere con tutti i 27 Stati membri, l’Europa dovrebbe andare avanti con coloro che sono disposti a farlo, attraverso cooperazioni rafforzate o accordi intergovernativi al di fuori dei trattati europei.
Draghi riconosce che in alcune aree l’Unione Europea dovrebbe fare un passo indietro, applicando il principio di sussidiarietà e riducendo l’onere normativo per le imprese. Questo approccio è stato ben accolto anche da Elon Musk, che ha sottolineato l’importanza di una «revisione approfondita delle normative Ue per eliminare le regole inutili e semplificare l’attività in Europa». Musk vede la semplificazione normativa come una chiave per stimolare l’innovazione e la competitività nel mercato europeo.
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