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POLITICA

Elly Schlein, crescono i malumori all’interno del Pd per le scelte della segretaria

Fisiologiche “resistenze” al “cambiamento”. Elly Schlein non si scompone né tradisce preoccupazione per i trentuno transfughi del Pd ligure che hanno scelto di passare ad Azione. Ospite della Festa del Fatto Quotidiano, a Roma, la segretaria del Partito democratico ha risposto punto per punto alle accuse messe nere su bianco dai fuoriusciti nella loro lettera di addio.

Se la pattuglia dei trentuno lamenta la nascita di “un nuovo Partito con una netta svolta a sinistra”, che avrebbe rinnegato il “riformismo messo in campo negli ultimi dieci anni”, la segretaria lancia una frecciata a chi l’ha preceduta: “Quando qualcuno decide di andare via è sempre un dispiacere, ma se qualcuno non vuole un Pd che si batte per un lavoro di qualità, forse l’indirizzo era sbagliato prima”.

Quanto al congresso che avrebbe stravolto la volontà degli iscritti, a favore di quella del popolo dei gazebo, lei risponde: “Abbiamo svolto un congresso dopo una sconfitta molto dura alle elezioni politiche”. E ai “molti commentatori che parlavano di fine del Pd”, manda a dire che “così non è stato perché abbiamo fatto un confronto vero. Questo è il segno di un partito vitale, tutt’altro che morto”.

I mal di pancia e gli addii sono normali “resistenze” al “cambiamento”, è la conclusione della segretaria.”Se il Pd avesse fatto tutto bene in questi anni, una come me non avrebbe mai vinto il congresso” .

Il presidente Bonaccini: “Inutile un Pd piccolo e radicale”

Stefano Bonaccini, che Schlein ha voluto presidente del partito, stigmatizza la scelta di abbandonare il partito, ma mette anche in guardia la segretaria e lo stato maggiore dem dalla tentazione massimalista che condannerebbe il Pd a essere ininfluente: “Sbaglia chi lascia il partito, ma si torni subito a una vocazione maggioritaria. Un Pd piccolo e radicale non serve. Credo che ci sia bisogno di tutto fuorché di questo. Rispetto le scelte di tutti, ma non condivido”.

C’è bisogno, insiste il presidente dell’Emilia Romagna, “di un partito più grande ed espansivo che punti a tornare al governo. Credo che Elly sia la prima a doversi e volersi fare carico di questo”.

Immagine | Youtube Il Fatto Quotidiano

I transfughi del Partito democratico

Nella truppa dei transfughi figurano due consiglieri comunali in carica, qualche ex consigliere comunale e una ventina di esponenti delle federazioni locali. Tutti “traslocati” nel partito di Carlo Calenda perché, spiegano, “il Partito democratico ha consumato lo scopo per cui era nato: fare sintesi e costruire una nuova grande forza politica che riunisse gli storici riformismi italiani”. L’elenco include, tra gli altri, due esponenti che hanno dimostrato di poter raccogliere parecchi consensi sul territorio, come il consigliere regionale Pippo Rossetti e la consigliera comunale Cristina Lodi, la più votata alle ultime amministrative di Genova..

Le ragioni del dissenso

I malumori partono da lontano, ancor prima dell’elezione di Elly Schlein, quando la costituente Pd insediata sotto la segreteria di Enrico Letta prese in esame lo statuto, per riformarlo alla luce dei cambiamenti economici, sociali e politici degli ultimi 15 anni. Per la pattuglia ligure è infatti “la messa in discussione del Manifesto del 2007” a segnare “in modo netto” il partito e a “legittimare” la “nuova stagione”.

I mal di pancia si sono acuiti dopo che il popolo delle primarie ha affidato il Nazareno a Elly Schlein ribaltando la volontà degli iscritti, che votarono in maggioranza (53%) per eleggere segretario Bonaccini. “L’unica regione in cui gli iscritti hanno votato come il popolo delle primarie è la Liguria”, scrivono.

Le reazioni della minoranza: stupore e nervosismo

Tra le fila del Partito democratico la reazione è di sorpresa. Nel peggiore dei casi, c’è nervosismo e rabbia: “Ma come si permette?“, sbotta un parlamentare della minoranza dem a proposito della segretaria che ha liquidato l’addio degli esponenti liguri.

Le parole di Elly Schlein – in testa la “resistenza al cambiamento” – hanno lasciato sbigottiti gli esponenti della minoranza che cercano di placare gli animi della base. Dai territori infatti i big sono subissati di messaggi che chiedono una “presa di posizione forte” contro lo stato maggiore dem.

Stupore anche da pezzi della sinistra non allineati alla segretaria: “Si è asserragliata con i suoi, sembra Occupy Pd”, si  ironizza alludendo alla Schlein pre congresso, quella più movimentista nel 2013 a capo del movimento nato contro i 101 franchi tiratori che in Parlamento boicottarono l’elezione di Romani Prodi al Quirinale.

Parole che malcelano il malumore per lo spoil system messo in atto dalla leader dopo l’arrivo al Nazareno. In segreteria, Schlein, ha scelto donne e uomini di fiducia, dalla onnipresente Marta Bonafoni a Igor Taruffi, ex Sinistra Italiana e già braccio destro della leader dem nella Giunta dell’Emilia-Romagna.

Il timore dei big del partito, ora, è che lo schema possa ripetersi anche con le liste per le Europee del 2024.

Federica Giovannetti

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